“White Sheets” – Emanuele Giuffrida
“Ricordo da bambino, che nei giornali e telegiornali locali della mia città, vedere immagini di sagome distese per terra coperte da un lenzuolo bianco era abbastanza frequente; quasi all’ordine del giorno. Persino attraverso il finestrino della fiat 500 di mio papà, la sera, di ritorno a casa, assistetti a una scena simile; e non solo una volta! Tant’è che a scuola elementare, illustrando un dettato della maestra sull’argomento mafia, disegnai due figure in moto col casco che sparavano ad un uomo già avvolto in un lenzuolo fluttuante”.
L’aneddoto raccontato dall’artista è fondamentale per capire la recente ricerca artistica di Emanuele Giuffrida (Gela 1982), e come, il più immediato gesto di rispetto a tutela del cadavere, preservandolo da ogni rischio di spettacolarizzazione, venga rielaborato e ingenuamente “frainteso” nell’immaginario di un bambino. Il lenzuolo nasconde, crea mistero e incuriosisce! Diviene dunque (e con quella frequenza) un’ossessione.
“White Sheets”(lenzuoli bianchi) è il titolo di un progetto artistico di natura introspettiva. Presenta (almeno in parte) la rielaborazione di quelle esperienze infantili vissute dall’artista, e come queste, impressesi nella sua memoria, abbiano trovato una bizzarra analogia con le esperienze museali fatte successivamente in età adulta, legate soprattutto ai linguaggi classici della pittura e della scultura. Come se l’esperienza del “bello” avesse in qualche modo sollecitato i ricordi di quel “brutto” sommerso, nel tentativo di riconsiderarlo. La serie “Neoclassical dead” ad esempio, gioca di analogie e contrasti tra il contenuto e la forma dell’opera stessa. La crudeltà del soggetto viene narrata attraverso un linguaggio pittorico che ricorda quelle tavolette dell’800, e racchiusa in una cornice di matrice classica. Il panneggio bianco allude al paragone con le pieghe dei panneggi delle vestigia delle statue greco-romane; restituendone prepotentemente un valore estetico, come fosse un’opera di rivalsa. Questa attenzione alle pieghe si palesa anche nel seriale “Neoclassical dead sequence”, dove l’artista disegna la stessa immagine più e più volte con ossessiva perizia del chiaroscuro diversificandone le geometrie, ottenendone diversi frame che scandiscono il fluttuare del lenzuolo che ricopre la vittima.
Le sagome dei lenzuoli bianchi appaiono anche all’interno della sala biliardo(il tema più ricorrente e conosciuto nella serie degli interni affrontata dall’artista nel corso della sua pur giovane carriera). Essi appaiono come fantasmi ricorrenti di un luogo simbolico, che l’artista stesso ha frequentato nell’adolescenza e che fu tragico scenario della faida locale dell’epoca.