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Anna Tusa

Detail
Orlando
2024
serie di 10 stampe fine art
cm 20 x 141 variabile

Anna Tusa

Nasce a Catania nel 1980.

Attualmente vive e lavora a Catania.

Anna Tusa si laurea in Lettere Moderne, presso Università degli studi di Catania, e poi consegue il biennio specialistico in Fotografia presso Accademia di Belle Arti di Catania. L’artista ha all’attivo la partecipazione a mostre fotografiche personali, collettive, concorsi nazionali e varie pubblicazioni.

Lola Schnabel

Portrait of Jonas Mekas
2022
Smalto su lastra di ceramica
cm 39.3×39.3
Lola Schnabel
Untitled
2023
smalto su ceramica, ferro
Design by Giuseppe Causarano
64.5 x 45 x 31.5 cm

Lola Montes Schnabel

Nasce a New York nel 1981

Attualmente vive e lavora in Sicilia

Lola Montes Schnabel ha ricevuto un BFA dalla Cooper Union School nel 2008. Ha esposto presso la Nino Mier Gallery, Los Angeles, CA; Vito Schnabel Gallery, New York, NY; Tripoli Gallery, Wainscott, NY; Goodroom, Monaco di Baviera, DE; Mana Contemporary, Jersey City, NJ; Zuecca Projects, Venezia, Italia; Ileana Tounta Contemporary Art Center, Atene, Grecia; e il Museo Ludwig, Coblenza, Germania; tra gli altri. Oltre alla sua pratica di pittura e scultura, Montes è una regista e designer.

Dumitrita Razlog

i cavalli non tornano da soli a casa
Project by SITU festival 2024
2024
polaroid e plastilina
10.5 x 19 cm variabile

Chi sei quando non aspetti nessuno?

Quando non hai nessun luogo in cui andare, se non verso te stesso? Indosseresti l’abito di tua madre? O prenderesti quella cravatta speciale di tuo padre? Quale delle due versioni è più scomoda?

Una questione che spesso sembra accesa negli altri, in quelli che non conosci, in quelli che non guardi negli occhi
La serie di fotografie che ho realizzato è una pausa, un sogno, un film di Tarkovsky in cui due bambini giocano a essere sé stessi senza che nessuno li giudichi. È un invito nello spazio naturale e universale dell’immaginazione umana. Al di là del bene e del male, in una giornata di sole in cui non aspetti nessuno.

Dumitrita Razlog

Nasce nella Repubblica di Moldova nel 1991

Attualmente vive e lavora e vive tra Bucarest e l’Italia.

Dumitrita utilizza la fotografia in relazione ad altri media per comporre, a partire da frammenti di realtà, una rappresentazione del mondo interiore. Trasforma immagini riconoscibili per includere elementi che parlano di tempo, memoria, intimità, emozioni generate dall’interazione con il momento e il contenuto fotografato.
Ha studiato Arte Murale a Bucarest e ha usufruito di due borse di studio in Italia, dove ha spostato l’attenzione sulla fotografia e ha definito il linguaggio visivo che sta alla base della sua pratica artistica.

Lorenzo Montinaro

Ero
2024
Marmo
30×30 cm

Dinanzi ai lavori di Lorenzo Montinaro, intenzionale o meno, inizia una riflessione legata alla memoria, alla vita e alla morte. Il marmo, simbolo della caducità a cui l’essere umano è sottoposto, ottiene nuova audience e il pubblico a sua volta conquista nuove valenze.

La ricerca di Montinaro è legata profondamente all’aspetto reintrpretativo della memoria e dei materiali che lo contraddistingue unendo due temi di fondamentale importanza nel sociale.

Lorenzo Montinaro

Nasce  a Taranto nel 1997

Attualmente vive e lavora tra Milano e Taranto.

Montinaro si è laureato in Didattica e comunicazione dell’arte all’Accademia di Belle Arti di Roma e si è laureato in Arti Visive allo Iuav di Venezia. Da gennaio a dicembre 2022 è stato artista in residenza presso gli studi Viafarini a Milano. Nel 2021 ha partecipato alla mostra “What the fuck is prosperity”, presso A plus a, a cura di Curatorial School, a Venezia. Nel 2022 alle mostre “Visioni (s)velate” a Viafarini a cura di Elena Bray, “E ci fa dispetto il tempo” presso Sottofondo Studio ad Arezzo a cura di Elena Castiglia,”Monumento” nel calendario delle settimane d’arte di Bolzano a cura di Nina Stricker, “Rea art fair” alla Fabbrica del vapore di Milano a cura di Rea, “Ma tu rimani” a Casavuota a Roma a cura di Sabino De Nichilo e Francesco Paolo Del Re. Nel 2023 alle mostre “L’erba sulla polvere” presso MA project di Perugia a cura di Davide Silvioli, “Non rimane che volare” presso Osservatorio Futura a Torino a cura di Osservatorio Futura e Giuseppe Amedeo Arnesano, “Edicola Radetzky” presso Edicola Radetzky a Milano a cura di Arnold Braho. Nel 2024 partecipa alla mostra bipersonale “Quasi Niente” presso Contemporary Cluster a Roma a cura di Lorenzo Madaro, “Dopo la fine” presso Galleria Ramo a Como, “Sacro è” presso la Fondazione Mario Merz a Torino a cura di Giulia Turconi, Address Unknown presso Fabbrica del Vapore di Milano a cura di Viafarini, “Fatmah” presso la galleria Contemporary Cluster a cura di Arnold Braho. Nel 2023 il Comune di Milano gli commissiona un monumento permanente dedicato al censimento degli ebrei del 1938, presso la Cittadella degli Archivi di Milano. Nel 2023 è stato inserito dalla rivista Exibart tra i 222 artisti emergenti su cui investire.

Giuseppe Minnella

Studio per Come un’acrobata
2024
pastello e grafite su carta applicata su cartone
26,8 x 20 cm
Studio per Natura morta con figura,
2022
olio su tela e vetro riflettente
40 x 30 cm

Succede spesso che l’immagine diviene mezzo e strumento per la lettura di un espediente reale. Viceversa, può annullare qualsiasi tipo di narrazione divenendo relazione al contesto iconografico e non. La realtà nella sua passività; un’orizzonte di scenari possibili. Il pensiero rimanda a tutto. Una cosmologia fatta di pensieri. La narrazione, nulla, è fine a se stessa.

Giuseppe Minnella

Giuseppe Minnella nasce a Ragusa nel 1997.

Attualmente continua gli studi, vive e lavora a Milano.

Minnella sviluppa la sua pratica focalizzata sull’uso delle immagini, malgrado tutto. Il suo lavoro esplora diverse modalità di rappresentazione visiva, tra pittura, fotografia, video e installazione, combinando tecniche tradizionali e sperimentali. Centrale nella sua ricerca è la riflessione profonda sul ruolo dell’immagine, della sua storia e, per antinomia, sulle sue varie possibilità e impossibilità.

Tamara Marino & Simon Troger

Rosso
2023
Video performance
Durata 2’34”

“Rosso” è il colore del sangue, del potere, del pericolo e della sessualità.

Nel video si assiste ad un’azione che si consuma in pochi attimi, dove le scintille diventano il focus su cui orientare lo sguardo. È un atto performativo che trae origine dai fatti avvenuti alla TWC di NYC il 25 marzo 1911, per indagare sui ruoli muliebri locali, e mondiali.

Il video “Rosso” si configura come un’opera di acuta e perturbante pregnanza simbolica, un’indagine sulla dimensione liminale del colore inteso come codice semantico e medium espressivo. Il rosso, qui sublimato a cifra concettuale, eccede la propria natura cromatica per farsi struttura narrativa e veicolo di un discorso che sollecita gli strati più reconditi della percezione estetica e dell’inconscio collettivo. Le gambe femminili, riprese con una staticità che rimanda a un’ambiguità sospesa tra presenza e assenza, si stagliano su un fondale monocromo, un’immersione totale nel rosso, evocazione del sublime kantiano nella sua forma più implacabile e assoluta. I tacchi a spillo, emblema stratificato di seduzione e coercizione, attraggono lo sguardo verso l’epicentro dell’immagine: il pube. Questo punto focale, carico di una visibilità quasi ieratica, viene investito da un gesto performativo di straordinaria violenza estetica: scintille che esplodono in un’epifania visiva, al contempo sacrale e traumatica. Il gesto incendiante, condensato in un breve quanto folgorante intervallo temporale, si inserisce in una genealogia visiva che richiama la memoria storica del tragico rogo della Triangle Waist Company di New York del 25 marzo 1911, dove il fuoco divorò i corpi e le vite di giovani operaie, intrappolate in un sistema che le aveva rese vulnerabili e sacrificabili. Questa citazione non si limita a un esercizio di recupero memoriale, ma si configura come un substrato dialettico su cui si innesta una riflessione complessa e stratificata sulla condizione femminile, tanto nel passato industriale quanto nella contemporaneità globalizzata. Nel “Rosso”, il colore diviene un palinsesto semantico: sangue, eros e thanatos si intrecciano in un’unica polifonia simbolica. Le scintille, che erompono come un’esplosione liberatoria, sono insieme detonazione e resistenza, esaltazione e dissoluzione. Esse riconducono al corpo femminile come campo di battaglia culturale e politico, luogo su cui si inscrivono storie di violenza e resilienza, di oppressione e autodeterminazione. In questa breve ma densissima performance, il corpo non è semplice oggetto dello sguardo, ma dispositivo di rottura: una femminilità refrattaria, unheimlich nel senso freudiano, che sfugge alla reificazione e si riappropria della propria potenza simbolica e sovversiva. Qui il trauma si fa linguaggio, l’arte si appropria del dolore per trasfigurarlo in una resistenza estetica che si riverbera nel presente. “Rosso” interpella lo spettatore in modo irrevocabile, sollecitando uno sguardo che non può rimanere passivo, ma che è chiamato a un impegno ermeneutico e morale. L’opera richiede di penetrare oltre la superficie dell’immagine, di confrontarsi con l’eredità della sofferenza e con il ruolo dell’arte nella perpetuazione della memoria collettiva. Nel suo cortocircuito tra bellezza e violenza, tra potenza erotica e memoria tragica, “Rosso” si erge a manifesto contemporaneo di un’estetica della resilienza, un ponte tra la rappresentazione individuale e la coscienza storica.

Tamara Marino & Simon Troger

Tamara Marino, originaria di Ragusa, e Simon Troger, nato a Schlanders (BZ), costituiscono un sodalizio artistico che esplora le intersezioni tra materia, concetto e contesto. Entrambi operano tra Vittoria (RG) e altre località internazionali, sviluppando un linguaggio che coniuga sperimentazione tecnica e riflessione critica sulla contemporaneità. La formazione di Tamara Marino si radica nella Scultura, conseguita presso le Accademie di Belle Arti di Catania e Carrara, sotto la guida di maestri quali Martina Corgnati, Aron Demetz e Gianni Dessì. La sua ricerca si è ulteriormente ampliata attraverso esperienze presso la Royal Academy of Art dell’Aia e l’Accademia di Belle Arti di Firenze, con un approccio che abbraccia tanto la dimensione artistica quanto quella pedagogica. Simon Troger, maestro nella lavorazione del marmo e delle pietre dure, ha completato la sua formazione accademica in Conservazione e Restauro dei materiali lapidei e in Scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Carrara. Il suo operato si distingue per l’attenzione ossessiva al dettaglio e per una poetica che indaga il rapporto dialettico tra utopia e distopia, uomo e ambiente, idea e materia. Entrambi gli artisti hanno collaborato con istituzioni di rilievo, tra cui la Fondazione Fiumara d’Arte, diretta da Antonio Presti, per la realizzazione di opere monumentali nel contesto urbano di Catania. Hanno inoltre condiviso un progetto legato all’Università di Suzhou Art & Design Technology Institute, che ha contribuito a consolidare la loro proiezione internazionale. Nel 2023, Marino e Troger hanno concepito e realizzato l’opera site-specific “L’ingegnere di Babele” per la Fondazione Gesualdo Bufalino di Comiso (RG), un intervento che ha sintetizzato la loro visione artistica in un dialogo simbolico con la tradizione e l’innovazione. Nello stesso anno, Tamara Marino ha ricoperto il ruolo di docente di Scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Macerata, mentre nel 2024 entrambi gli artisti hanno intrapreso una collaborazione con la Farm Cultural Park di Favara (AG), un centro nevralgico per l’arte contemporanea in Sicilia. La loro pratica attuale si concentra sulla trasformazione di Villa Mangione, un antico palmento situato nel Sud-Est siciliano, in un avamposto culturale dedicato a residenze d’artista, performance sperimentali, proiezioni di cinema d’avanguardia e concerti di improvvisazione sonora. Questo progetto, ancora in divenire, si propone come un crocevia per la riflessione e la produzione artistica multidisciplinare, inscrivendosi in un panorama internazionale di ricerca e sperimentazione. L’opera di Tamara Marino e Simon Troger si colloca dunque in un ambito di ricerca che combina un’attenzione raffinata per il dettaglio materiale con una visione critica e colta delle dinamiche culturali contemporanee, rendendoli protagonisti di un dialogo fecondo tra locale e globale, tradizione e avanguardia.

Marco Mangione

Il tempo di un’estate
2024
esposizione solare su carta
34.7×46.5 cm
Il tempo di un’estate
2024
esposizione solare su carta
36.5×45.4 cm

Il tempo di un’estate utilizza l’esposizione solare su carta per dare vita ad un processo di decolorazione, che si associa ad una riflessione simbolica sul tempo, la luce e la memoria.

Paesaggi costieri e strutture balneari, emergono dalla carta come ricordi, temi strettamente legati alla transitorietà dell’estate.
La linea d’orizzonte unisce le due opere in un’unica narrazione visiva, dove la luce estiva del primo mattino, quando il mare appare più chiaro del cielo, trasforma il paesaggio in un’esperienza meditativa.

Questo progetto riflette anche sul concetto di impronta del tempo, rendendo visibile l’invisibile: il passare delle ore, l’intensità della luce, la relazione tra natura e uomo.

Marco Mangione

Nasce a Catania nel 1986.
Attualmente vive e lavora a Catania.

Gummy Gue (Marco Mangione) è un artista che lavora principalmente nello spazio pubblico.
Marco conosce l’ambiente del graffiti writing nei primi anni 2000, indagando e sperimentando sulle possibilità̀ espressive che lo accosteranno all’arte urbana contemporanea.
La sua ricerca sviluppa un sistema di codici formali che seguono una determinata logica, un linguaggio segnico che ha le sue regole e propri canali di riferimento. Una grammatica personale che si esprime in una visione sospesa, per suggerire universi possibili attraverso una figurazione che confina con l’astratto, partendo da uno sviluppo legato a caratteri e personaggi iconici che hanno accompagnato l’artista dall’inizio del suo percorso.
La scomposizione degli elementi è il risultato di una ricerca verso la sintesi che tende a manifestare vibrazioni positive e serene, verso la rappresentazione di uno spazio flessibile, un dialogo aperto con l’architettura e l’ambiente.
L’interesse sulle nuove potenzialità̀ espressive della superficie, che da verticale diventa abitabile e percorribile, nelle ultime esperienze lo porta ad intervenire in diversi ambienti legati all’attività̀ collettiva. Impianti sportivi e aree ricreative sono gli spazi urbani dove sperimentare il movimento e l’attraversamento di uno spazio fruibile, per ottenere una visione variabile che si rigenera continuamente, come in una simulazione virtuale vissuta nello spazio reale.
Dal 2010 il progetto si avvale della collaborazione di Andrea Mangione, che affianca l’artista nel suo lavoro partecipando attivamente alla realizzazione degli interventi nello spazio pubblico.
Dal 2013 al 2020 è cofondatore del progetto Ritmo, un progetto di divulgazione artistica con sede a Catania, che promuove il lavoro di artisti che operano in diversi ambiti del contemporaneo.
I suoi lavori sono presenti in molte città italiane ed europee, alcuni interventi come Playground, Skatepark e Orbital, sono stati pubblicati da magazine, libri e piattaforme dedicate al design e all’architettura come Domus, Designboom, Ad Magazine, Architectural Record e molti altri.

Andrea Mangione

Location
2024
olio su carta
62x54cm

Location è parte di una serie che visualizza scenari urbani di invenzione, caratterizzati da un’estetica essenziale e una dimensione sospesa tra realtà e immaginazione.

I margini della strada diventano protagonisti silenziosi: una piccola aiuola trascurata, una palma, pali e segnaletica, si ergono come elementi di una rappresentazione stilizzata e poetica.

Una dimensione urbana di confine, in cui l’esperienza concreta del camminare, sostare, osservare, ci conduce verso un altrove, in una riflessione personale e intima.

Andrea Mangione

Nasce a Catania nel 1986.
Attualmente vive e lavora a Catania.

Il suo lavoro è un’esplorazione intuitiva della memoria e della sensazione. Utilizzando metodi tradizionali di pittura e disegno, tecniche digitali e animazioni, le sue immagini inquadrano una realtà filtrata e interiorizzata, attraverso la rappresentazione di elementi riconoscibili che assumono un carattere prevalentemente evocativo.

Insieme al fratello Marco frequenta l’ambiente del muralismo urbano, partecipando attivamente alla realizzazione di opere firmate con lo pseudonimo Gummy Gue, un’esperienza che raggiunge nel tempo un ambito internazionale.

Nel 2012 avvia insieme ad altri collaboratori il progetto Ritmo, atto alla ricerca e alla divulgazione delle tendenze contemporanee, collaborando con artisti che operano in diversi ambiti delle arti visive.

Nanni Licitra

Serie I ricordi dei morti servono per un altra vita,
scatto 2022,
macchina Yashica T4, pellicola Kodak Trix 400
stampa fine art
tiratura 4 digitali + 1 analogica
cm 29.2×37.2
Serie Hell in Hell
scatto 2016
macchina Yashica T4, pellicola Kodak Trix 400
Stampa fine art tiraura 4 digitali + 1 analogica
cm 26.5×39
Serie Hell in Hell
scatto 2012
macchina Yashica T4, pellicola Kodak Trix 400
Stampa fine art tiraura 4 digitali + 1 analogica
cm 29x x 39

Nell’eterogeneità di queste immagini è possibile rintracciare un metodo, o almeno un’intenzione: la costante di un indugio sulle cose in un rito di devozione alla realtà. Uno sguardo libero da categorie, generi e temi, che cataloga istanti in cui l’ambiente intorno a lui si manifesta nelle sue forme più effimere e particolari. E’ una pratica connessa alle radici, al ripetersi di viaggi e spostamenti quotidiani, ma al contempo svincolata dalla permanenza in luoghi o itinerari consueti. Nanni è equipaggiato, per dirla con Hendke, di quella fedeltà a «certe piccole cose che ci accompagnano in tutti i traslochi», che lo rende capace di raccontare con estrema precisione uno stato d’animo, un odore, un luogo, un suono senza la necessità di una cornice narrativa lineare.
Mi torna in mente quel giovane Ghirri che affannato si parò davanti al commesso e gli chiese come avrebbe potuto vedere solo ciò che voleva, una sola cosa per volta, per trovare ordine, farsi spazio nel mondo e ritrovare la strada di casa, perchè si era perso tra le stelle e le galassie. Il commesso sorridendogli gli mostrò una macchina fotografica e gli disse: ”E’ meglio di una bussola, con questa macchina potrai cancellare tutto il superfluo e lasciare solo il necessario”. E’ in quel groviglio, accelerato e confuso, che Nanni ci lascia le briciole di un cammino in cui l’universo ritorna a nostra misura.

 

Tratto da un testo di Vittoria Cafarella

Nanni Licitra

Nasce a Vittoria nel 1988.
Attualmente vive e lavora a Vittoria.

Nel 2008 inizia la sua ricerca fotografica, esclusivamente analogica, attraverso un atteggiamento che lo porta a privilegiare un punto di vista distaccato, da spettatore.
I suoi soggetti sono le periferie, preferendo i non luoghi, e la società urbana che le anima. Attratto dagli estremismi, le sue fotografie sembrano riflessioni emblematiche, soggetti e oggetti che si decontestualizzano dall’esperienza del quotidiano.

Krizia Galfo

Smoothy
2024
olio su lino, D 50cm

Qualcuno è genitore, tutti sono figli.

La relazione genetica tra gli esseri umani è un mistero profondo.
Il DNA è un equilibrio perfetto tra scienza e istinto, è la somma di due vite, di due frasi già scritte che una volta mescolate formano un concetto nuovo: i figli sono l’anagramma dei genitori. Tutto questo si chiama eredità, è quella smorfia identica alla tua in una vecchissima foto di famiglia.
Da quando esiste la coscienza, ogni persona ha cercato di sciogliere la contraddizione di essere unico, ma frutto di qualcun altro.
Venire al mondo non è una libera scelta, ed è questo il vero peccato originale dal quale cerchiamo di affrancarci per tutta la vita. La nascita, è naturale conseguenza di un ciclo perpetuo, come un’onda creata e sospinta da altre onde: possono essere equatoriali e calde, oppure gelide e oceaniche, come nelle opere di Krizia Galfo.
Sono anime sospese quelle di Krizia, immerse in una struttura narrativa cinematografiche.
I suoi lavori sono frame, il cinema è un’artificio che può essere più vero del vero, Krizia lo sa e ne utilizza i Close-up e la fotografia, i soggetti sfuggono ai bordi della tela come una scena stoppata un secondo troppo tardi. L’atmosfera è nitida al limite della perfezione, le tonalità del rosa e del celeste si alternano con rigore marziale, creando una palette infantile con il retrogusto aspro del distacco. Nella pittura algida di Krizia con ci sono appigli per distrarsi e scrollare via dagli occhi un lieve malessere, ogni pennellata è pensata per non essere percepita e fondersi con la tela stessa.
Nelle opere il punto di vista principale è quello del figlio, il genitore è l’attore non protagonista. I volti e le mani sono paonazzi, come se per anni avessero atteso invano l’arrivo di una fiammella per scaldarsi, o della domanda giusta.
Le relazioni che descrive Krizia sono gocce d’acqua che cadono lente le une sulle altre, da nutrimento primario si trasformano in stalattiti appuntite, capaci di ferire.
Le pieghe morbide degli abiti sono l’unico elemento d’involontaria intimità e punto di contatto tra due corpi lontanissimi, sono le onde alte e fredde dell’oceano, piene di struggente compassione.
Una matassa di conflitti irrisolti è incagliata fra le corde vocali, l’assenza di suono è la condizione permanente di ogni opera.

 

Tratto da: “We Need to Talk” a cura di Eleonora Aloise_2023

Krizia Galfo
Nasce a Ragusa nel 1987.
Attualmente vive e lavora a Roma.

La formazione artistica di Krizia Galfo ha subito l’influenza di tre diverse città e percorsi: a Catania si laurea in lettere moderne; a Londra si avvicina alla pittura attraverso corsi brevi presso il Chelsea College of Arts; a Roma, invece, affina la tecnica frequentando workshop di pittori nazionali e internazionali, arricchendo così il suo percorso da autodidatta.
La pittura, il cinema, la piega. Nel lavoro di Krizia Galfo questi tre elementi accompagnano lo spettatore in una dimensione altra, sospesa in un’atmosfera congelata.
Attraverso l’utilizzo della fotografia e dei close-up cinematografici, indaga le dinamiche interiori e i conflitti irrisolti, amplificandone tensioni e sommovimenti. Il ritratto ad olio è solo un pretesto: la tecnica diventa tema, il controllo diventa necessità.
Emotività e rigidità si nascondono nelle pieghe e nelle pennellate di cui non rimane traccia.
I rosa trascinano il fruitore nella bolla dell’infanzia con il freddo distacco di un adulto disincanto.

Tra le mostre più recenti: Nella pittura. Roma capitolo I, a cura di Massimo Mininni e Davide Sarchioni, lI Frantoio, Capabio, 2023; L’impresa e l’Opera, una mostra di Ombrelloni Art Space a cura di Alice Falsaperla, Galleria La Nuvola, Roma, 2023; Le stelle di San Lorenzo, a cura di Valentina Ciarallo, Galleria Gilda Lavia, Roma, 2023; Amici o pittori – un progetto di Marco Emmanuele, Fondazione Pastificio Cerere, Roma, 2023; Vuoto, Struttura, Roma, 2023; We need to talk, mostra personale con testo di Eleonora Aloise, Curva Pura, Roma, 2023; Pittura Emergente Oggi – A New Generation, a cura di Cesare Biasini Selvaggi, 21 Gallery, Villorba (TV), 2022; Salon in Sabina. An invitation/an introduction, a cura di Shaun McDowell, Demoni Danzanti, Torri in Sabina (RI), 2022; Visage, Nero Gallery, Roma, 2022; The Milky way – VERA, a cura di Damiana Leoni, Galleria Alessandra Bonomo, Roma, 2022; Unconventional still life, NP ArtLab, Padova, 2022; Materia Nova. Roma ultime generazioni a confronto, a cura di Massimo Mininni, Galleria d’Arte Moderna, Roma, 2021.