Angela Sanna per Angelo Barone | Miraggi Solidi

True love stories never have endings.

Con questo semplice pensiero lo scrittore-aviatore Richard Bach esprimeva una verità nota a tutti e nella quale anche l’artista Angelo Barone potrebbe vedere riflesso quello che è, per sua stessa ammissione, il primo grande amore della sua vita artistica: la fotografia. Un amore ancora vivo che nel tempo lo ha portato a costituire una raccolta di fotografie tutta sua, da quelle più antiche – seppia, dagherrotipi, ferrotipie – a quelle più contemporanee. Una passione che si è progressivamente sviluppata e legata alla sua indagine plastico-pittorica per poi diventare lo specchio nel quale si avvicendano, uguali e diverse, le sue sculture. Anello di congiunzione tra tridimensionalità e bidimensionalità, le stampe fotografiche esposte in mostra rivelano particolari sfaccettature cromatiche e luminose, sempre ricercate e a tratti audaci, dalle tinte pastello ai colori sgargianti fino ai chiaroscuri più ombrosi.

Se queste fotografie sono Miraggi solidi, accattivanti e seducenti, esse sono altresì il frutto di considerazioni di natura estetica e culturale il cui primo rimando iconografico è la forma unica del monolite. Un topos che, come ben sa chi conosce il lavoro di Angelo, è ispirato alle casematte da lui osservate attraverso l’esplorazione di Paul Virilio nei siti oramai disertati del secondo conflitto mondiale. La loro conformazione riconduce, contemporaneamente, all’architettura del nostro tempo, cui l’artista guarda con occhio attento e riflessivo. Le sue sculture ricordano in modo particolare i plastici, strutture in miniatura nelle quali, ci dice Angelo, gli architetti vedono materializzarsi il loro progetto, la loro utopia. Ancora le sculture sono i testimoni di una sensibilità architettonica che predilige, nel solco del Razionalismo, i profili lineari e funzionali piuttosto che la stravagante estrosità di tanta progettazione postmoderna e contemporanea.

Nell’idea di Angelo, l’accumulo smodato delle forme, che egli stesso rifugge, trova un corrispettivo nell’affastellamento delle immagini virtuali, o televisive, da cui siamo surclassati. Complice una società massificata che giorno dopo giorno assiste a quella sparizione della realtà, già teorizzata da Jean Baudrillard, una realtà che non può più esistere senza un vuoto al quale contrapporsi. A questa problematica, che implica la “perdita della visione”, un tema costantemente esplorato dall’artista, fanno riferimento le opere fotografiche e bidimensionali dove svanisce la nitidezza dei contorni: quasi una metafora della nostra facoltà di osservazione, sempre più inibita e corrotta dal flusso ininterrotto di stimoli visivi. E’ in questo senso che la sua ricerca s’incentra sì sulla scultura ma anche e soprattutto sulla “evocazione” della scultura, sulla sua presenza-assenza. Le potenzialità della fotografia, segnatamente i passaggi dalla focalizzazione alla sfocatura, gli consentono di indagare questo aspetto della percezione per poi rendere l’immagine pura superficie attraverso la “vellutazione”, procedimento tecnico e poetico che contraddistingue e impreziosisce da tempo il suo lavoro.

Quasi per paradosso, è proprio attraverso la “s-definizione” dei profili che Angelo stimola lo spettatore ad acuire la vista e a fermarsi a guardare, nelle sue fotografie in modo particolare, l’elemento a fuoco in primo piano che si fonde con lo spazio circostante. “Mi piace fare appartenere le forme allo spazio”, afferma l’artista alludendo alla sua convinzione che l’architettura debba rispettare le radici storiche ed estetiche del luogo in cui sorge.

Un riferimento a questa idea di continuità potrebbe essere, in mostra, la presenza di due grandi dipinti e di tre sculture, queste ultime esposte nella parte mediana di una colonna. Elementi che oltre a confermare la coerenza dei pensieri di Angelo esprimono anche la sua naturale propensione a fondere scultura, pittura, fotografia, architettura. Una fusione solida e al tempo stesso eterea, evidente e a tratti nascosta, che rispecchia le sue meditazioni sull’essenza sommersa di tutte le cose.

Angela Sanna
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