Categoria: Mostre

Inaugurazione “Piero Guccione: un silenzio che si fa luce”

Domenica 5 maggio ore 19:00 inaugurazione della mostra

Piero Guccione: un silenzio che si fa luce

presso gli spazi espositivi di Lo Magno Arte Contemporanea

Via Risorgimento 91/93, Modica (RG)

Il percorso espositivo, come scrive il critico d’arte Paolo Nifosì nel catalogo della mostra, comprende « le Attese di partire (fine anni sessanta e inizi degli anni settanta), una serie di litografie in cui le geometrie degli interni di un aeroporto organizzano e strutturano una luce metafisica, i riflessi sulla Volkswagen, del 1973, in una cartella di quattro acqueforti, in cui il riferimento è sia Roma che Scicli; acqueforti molto elaborate di fitte trame, con un lavoro di bulino da orafo, in cui gli inchiostri di una grafica antica hanno un che di corposo e di denso per raccontare la civiltà urbana, quella raccontata qualche anno prima anche nei giardini e nelle siepi, e quella siciliana nel racconto del Paese rosso di Scicli in cui sono compresenti i simboli della chiesa Madre e il tabellone elettorale della falce e martello nella collina di San Matteo, e la scoperta del cielo, delle nuvole in un notturno in cui appare la pallida traccia della luna (forse l’unica immagine in cui Guccione ha reso la luna di notte); le interpretazioni litografiche sul Baltico di Friedrich in una cartella del 1981, gli ibischi degli anni settanta, il miniaturistico e tesissimo Cuore freddo del mare, fatta per il Metropolitan di New York, la Pietà di San Pietro resa con un sicuro e immediato segno in un campo rosso-arancio».

Emanuele Giuffrida

La realtà delle cose invisibili

Pittore poetico, Emanuele Giuffrida, racconta con l’aiuto dei pennelli la sua giovane storia. Nato a Gela in Provincia di Caltanisetta, 35 anni fa, è un uomo che ama gustare ogni istante della vita. Introverso, silenzioso, fa ricadere le sue umane ossessioni su tele e fogli di carta che invadono il piccolo atelier che si è ritagliato tra le mura domestiche, protagoniste non occasionali dei suoi primi lavori come Kitchen III e The student’s. A diventare pretesto per la pennellata sono una cucina nel suo angolo più scarno; la mobilia improvvisata e ridotta all’essenziale, pochi oggetti, che riescono comunque a fare disordine. Piccole tavole dove vengono narrate scene di rituali domestici condivisi solo con le persone a lui più care e dove ogni cosa pare, però, avere il sapore di un rito. La prima volta che ci siamo incontrati eravamo nella sua terra, la Sicilia, invasa da un insolito freddo polare. Abbiamo camminato lungo le vie e i gradini che portano alla Cattedrale di Caltagirone parlando di pittura, di ricerca e della sua voglia di costruire un proprio codice espressivo. Un codice che nasce nelle viscere della propria vita vissuta, senza bisogno di attingere ad immagini di riviste: gli bastano le fotografie scattate con i suoi occhi da bambino, in una cittadina di Provincia tra le più difficili dove, negli anni novanta, mentre Milano era da “bere”, Gela era da “morire” ed eri fortunato se non finivi a terra steso sotto un lenzuolo bianco. Io cercavo di capire sempre più quale fosse la nascita del suo voler essere pittore, la nascita di quelle urla di silenzio e di quei colori spenti, quasi retrò, che ritrovavo ripetutamente nei suoi lavori e lui mi disse “Sai Rischa, quando vivi a Gela e non vedi i colori, i colori poi non possono fare parte della tua vita”. Rimasi in silenzio e capii che quello che raccontava Emanuele non era solo una storia tra le tante, che ognuno di noi potrebbe raccontare, ma era una presa di coscienza della difficoltà di non riuscire ad assaporare le cose semplici e per lui straordinarie che raramente da piccolo gli erano capitate, come quella, ad esempio, di avvicinarsi ad un tavolo e riuscire per una volta a giocare semplicemente a biliardo. Impossibile non pensare al Caffè di notte di Vincent Van Gogh, dove con un grande biliardo al centro della stanza, nella sala vuota e triste, ha “cercato di esprimere l’idea che il caffè è un posto in cui ci si può rovinare, diventar pazzi, commettere dei crimini.” Il tempo non ha mutato il destino di questo luogo neanche nelle opere di Emanuele. La sala giochi, infatti, viene ricostruita nell’immaginario dell’artista come luogo di assenza, di buio; separazione più che aggregazione. Un posto dove non ci sono palle o stecche per giocare, perché a questi ragazzi, giocare non è permesso. Nel nostro mondo sempre più spesso le cose sono diverse da come appaiono, la gente preferisce apparire più che essere, sembra di vivere tutti sotto il tendone di un circo: belli, spensierati e divertiti durante lo spettacolo, tremendi e bugiardi quando si spengono le luci.
Ed è proprio questo il tema che ritrovo oggi nell’unico dipinto protagonista della mostra Outside a Modica. La periferia palermitana, dove sosta un circo con la propria carovana, è stato il pretesto, come in un film di Fellini, per raccontare l’inarrestabile decadenza della vita. Il buio, vero protagonista di questo dipinto, è disturbato dalla luce di una piccola luna piena, che alla sinistra dello spettatore sembra voler illuminare storie che non si devono raccontare, di un paese che nessuno sembra voler conoscere. Un paese costellato di tante piccole figure umane, nude o seminude, che con un sottile, quasi invisibile filo, tengono al collo i segreti di un compagno che si credeva amico. E non ci dobbiamo sorprendere se al centro della tela scopriamo, tra i tanti cammelli che indifferenti si sfamano dopo una giornata di duro lavoro, la sagoma di una donnina dall’aria allucinata. Attirerà la nostra attenzione, e forse ci farà sorridere, il riflesso di luce che illumina il sedere di una bestia riversa a terra, ma non abbiamo tempo di soffermarci, perché il nostro sguardo, poco più in là, affonda in una fila di piccoli uomini che attendono il proprio turno, non per comprare il biglietto d’ingresso allo spettacolo, ma per giocarsi tutto alle slot-machine. Sulla destra un enorme tendone, caratterizzato da spesse pennellate bianche, ci rimanda, in un gioco di luci, alle due figure che appaiono poco per volta in primo piano e che scopriamo poi definite nei disegni preparatori che completano la mostra. Emanuele crea dipinti estremamente realistici, caratterizzati da una grande cura dei dettagli, mettendo a nudo i propri sentimenti che a noi potrebbero sembrare marginali. I personaggi del suo grande circo sembrano quasi dei manichini, dei pretesti, quasi inanimati protagonisti di un mondo fatto di cose più che di persone, voci di un ambiente, stato d’animo di un mondo. Mentre il teatro della vita è fatto di parole, di gioie, di emozioni e di pensieri, il suo circo sembra raccontare un mondo fatto di immagini, tant’è che uscendo dallo spazio della mostra, si ha la sensazione di essere svuotati allo stesso modo di quando si torna a casa dopo aver assistito al peggior film di paura di Hitchcock. I ricordi riaffiorano alla mente di chi, come me da bambina, sognava di andare al circo per vedere lo spettacolo degli animali, spettacolo che oggi si è trasformato nel drammatico spettacolo di una società fortemente disagiata.
Il Circo Fuori è il regno del conformismo e della rassegnazione, una performance inconscia e inconsapevole che ciclicamente viene vissuta. Scriveva Marcello Gallian su L’Interplanetario nel 1928: “Non so immaginare cosa più bella e più grande nella vita di quaggiù che un Circo Reale. Nulla di più umano e di più tragico se non esistesse un Circo nel mondo […]. Non parlo oggi del Circo come spettacolo teatrale, ma della vita, dei costumi, delle abitudini, delle convenzioni, del linguaggio della gente che popola il circo. Se dai pianeti lontani partisse un’inchiesta per sapere i segreti della Terra e della gente che la abita, per investigare sulle virtù e sui privilegi e sulle caratteristiche della Terra e degli uomini e in che cosa si differenziano da tutti gli altri mondi seminati nell’Universo, io presenterei in sintesi l’essenza del nostro mondo e dei suoi abitatori: il Circo.”

Emanuele che per quest’opera ha lavorato in modo ossessivo, quasi in piena crisi di Stendhal, senza pensare ad altro, il giorno stesso dell’inaugurazione, mentre sua moglie gli preparava un intruglio fatto con uova per gli ultimi ritocchi alla tela, mi sussurra all’orecchio: “Avrei voluto farlo più grande, forse ho bisogno di lavorarci ancora, credo due mesi basteranno”.

Rischa Paterlini

Melissa Carnemolla

Melissa Carnemolla

Retrospettiva 2018
Galleria Lo Magno
Modica, Rg
29 Dic 2018 – 26 Gen 2019
Testo di Maria Brazão Sousa

Melissa Carnemolla è una fotografa documentarista la cui pratica artistica va ben oltre la macchina fotografica. Dalla fotografia digitale all’analogico, dai Washi film ai collage, Melissa esplora le infinite possibilità dell’atta creativo, per tradurre le proprie curiosità e riflessioni in arte visiva.
Trattare con realtà diverse e complesse, esplorare la propria personalità e giocare con l’ordinario, sono i soggetti principali del suo lavoro.
Considerare ciò che sarebbe comunemente etichettato come rifiuto è ciò che la affascina. La coerenza presente in queste opere esposte, non deriva dall’uso di un mezzo specifico o di un argomento preciso, ma da un approccio onesto, in cui un intuitività genia è la forza principale. La sperimentazione, nella sua definizione più ampia, è una procedura eseguita per supportare e confermare un ipotesi. Imparare, crescere ed espandersi significa entrare in un territorio
sconosciuto. Significa mettersi in una posizione vulnerabile e umile.
In definitiva, celebrando fallimenti e convertendo gli ostacoli in una fonte di nuove eccitanti scoperte, Melissa ci incoraggia ad abbracciare la natura imprevedibile di, non solo il processo creativo ma, della vita in generale, mostrandoci che la gioia non sta nei risultati finali, ma in cosa abbiamo vissuto durante il percorso.

Descrizione dei Progetti

Diary of Failures ( Diario di Fallimenti)
Transvaal è il quartiere con la più alta concentrazione islamica dell’Aia. Nel 2007, è stato designato dal governo olandese come uno dei 40 distretti più critici del paese.
Transvaal è anche il posto in cui vivo e il luogo in cui mi piacerebbe sentirmi a casa. Volevo utilizzare la possibilità di documentare questa zona per avere l’opportunità di interagire con le persone del quartiere ma acquisire familiarità con la cultura islamica si è rivelata una cosa estremamente impegnativa. A causa del divario linguistico e culturale è stato praticamente impossibile creare una connessione con queste persone, per cui non sono mai riuscita ad avere un accesso nelle loro vite. Sono rimasta isolata.
Ho deciso di raccogliere tutte le esperienze di rifiuto ricevute nel tentativo di fotografare il quartiere e i suoi abitanti, e creare un diario attraverso il quale ho tradotto le mie frustrazioni in linguaggio visivo.
Mum Why Did You Collect Stamps? (Mamma perché hai collezionato francobolli?)
Non ho mai fatto troppe domande a mia madre. Non so nulla della sua giovinezza, della sua vita prima di aver avuto me. Non ho mai avuto una conversazione chiara con lei sulla vita in generale.
A volte pensavo che volesse nascondermi le sue storie.
Crescendo ho capito che mia madre, prima di essere mia madre, è una persona con gli stessi problemi di chiunque altro.
Ero così curiosa dei suoi segreti, ma non ne abbiamo mai parlato.
A 4 anni ho trovato la sua collezione di francobolli e da allora mi è stata vicina.
Dopo 23 anni le ho chiesto perché li collezionava.
Una domanda semplice. Non mi aspettavo una grande risposta ma lei, con il suo modo di pensare semplice, mi ha sorpresa.
Questo libro è un elogio a mia madre.

Analogue Experience (Esperienze Analogiche)
(Washi Film, Dark Room, Cyanotype)
Mi trovo a mio agio quando le porte rimangono aperte. Mi rende felice poter abbracciare tutte le possibilità che il linguaggio visivo può offrire. Per questo motivo mi diverto a sperimentare e provare nuove strategie, riutilizzando o riadattando antiche tecniche fotografiche.
I Despised The Other Me Then I Felt Guilty. (Ho disprezzato l’altra me poi mi sono sentita in colpa)

Il mio carattere è la mia ossessione.
Vorrei essere una donna forte capace di superare i miei limiti, ma non lo sono.
Se avessi dovuto scegliere un numero avrei sempre scelto il 4.
Il mio segno e Gemelli e sono ascendente Bilancia: Io sono quattro aspetti in una sola persona.

Per ogni aspetto c’è un gusto differente.
Per ogni aspetto c’è un sogno differente.
Per ogni aspetto c’è un obbiettivo differente.
Per ogni aspetto c’è un differente modo di essere.

Ho provato a disprezzare una parte di me perché pensavo fosse sbagliata. Nel momento in cui lo facevo, ho realizzato che non c’era alcuna reale possibilità di separare le parti. Ho capito che quella che stavo cercando di disprezzare si è rivelata la parte più vulnerabile e, alla fine, io ero la cattiva, la colpevole.

 

Biografia

Melissa Carnemolla è nata a Ragusa nel 1991. Dopo una breve carriera come Interior Designer, si è trasferita a Roma per seguire un master in fotografia. Nel 2016 ha vinto due borse di studio: Residenza d’artista ad Arles con Studio Vortex di Antonie D’agata e Spazio Labò Photo Workshop a New York con Michael Ackerman. Dal 2015 al 2017 è stata la co-fondatrice e co-direttrice di
Gazebook: Sicily Photobook Festival. Nel 2017 è stata ammessa alla KABK, un accademia d’arte a L’Aia (Paesi Bassi), dove ha iniziato un BA di quattro anni in fotografia.

Dei passaggi e dei culmini – Vernissage

Inaugurazione mostra personale

“Dei passaggi e dei culmini” di Francesco Balsamo

29 aprile – 27 maggio 2017

Galleria Lo Magno

Via Risorgimento, 91 / 93 – Modica (RG)

Vernissage: 29 aprile 2017, ore 19

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La mostra rimarrà allestita fino al 27 maggio e potrà essere visitata dal martedì al sabato dalle ore 10 alle 13 e dalle 16 alle 20.

Giuseppe Leone

È la donna, il corpo femminile, il nucleo centrale del lavoro di Leone; nel quale tramite un racconto visivo narra dell’erotismo estetizzante che

la caratterizza nel suo vissuto quotidiano. Un eros in cui le figure rappresentate consumano poco sesso e nelle quali, invece, si rappresenta piuttosto, tramite lo sguardo dell’artista, la componente erotica in maniera allusiva senza forzature o eccessi. Una

sensualità velata legata più alla concezione astratta del desiderio e della sessualità. Il percorso procede dall’approccio dei primi baci, fino alla maternità. In un crescendo di sensazioni visive dove la donna si approccia alla propria sessualità nell’intimità

della casa o in un paesaggio desolato, sulle pendici dell’Etna. Un rapporto dunque anche con la terra, dove la sensualità e la formosità del corpo femminile contrastano con la durezza e la spigolosità delle rocce. Una donna sensuale, quotidiana, semplice,

siciliana lontana dagli archetipi della bellezza fittizia proposta dai media. Colta nei silenzi delle stanze mentre dorme o in una voluttuosa danza su note che solo lei riesce a sentire, durante un momento intimo ma rituale della vestizione o tra le evanescenze

e le movenze sensuali di una donna che costruisce relazioni interpersonali solo con il proprio corpo. È questa la donna che Leone propone per il suo libro sull’Eros in Sicilia.

Emanuela Alfano

Giuseppe Leone

Nelle fotografie di Leone non cercate la collera né la pietà civile né l’avvampo della metafora; bensì, istigato dall’eccellente mestiere, un colpo d’occhio avvezzo a cogliere le mimiche significanti del grande teatro umano.

Gesualdo Bufalino

Giuseppe Leone, siciliano (vive e lavora a Ragusa), da oltre cinquant’anni racconta la Sicilia attraverso immagini di persone, luoghi, feste, paesaggi e architetture, quasi sempre in bianco e nero perché ‹‹il bianco e nero è l’interpretazione della natura e delle sue trasformazioni, il colpo d’occhio che scarica da ogni orpello un’immagine per dare senso a quello che è l’essenza di ciò che vedi››.

In veste di narratore ha condiviso l’esperienza profonda di questa terra con autori che come lui ne hanno saputo cogliere bellezza e contraddizioni – da Sciascia, a Bufalino, a Consolo – senza mai cadere nello stereotipo: ‹‹La macchina è uno strumento per poter dialogare con quello che ti circonda. Allora il fotografo diviene, oltre che un interprete, un ricercatore. A me non interessa l’immagine eclatante da scoop, ma una fotografia concettuale, di ricerca, di immediatezza, visto che mi dedico ad afferrare l’immagine al volo […]. Quando torno da una battuta fotografica sono felice se nel mio paniere ci sono almeno tre immagini indimenticabili. Le immagini per essere tali devono avere una grande forza evocativa e interpretativa››.

Dal catalogo “MAXXI Architettura. Fotografia”

per la collezione del Museo MAXXI di Roma

“THE LIGHT OF SICILY” Modica

The Light of Sicily, arriva anche a Modica la collettiva d’arte che ha trionfato in Belgio

Modica (RG) – Reduce dal successo di Gand (Belgio), la collettiva d’arte “The light of Sicily – Sicilian contemporary art” approda finalmente anche in Sicilia. Dal 5 giugno al 6 agosto opere scelte di Giuseppe Colombo, Giovanni Iudice, Piero Guccione, Giovanni La Cognata, Franco Polizzi, Giuseppe Puglisi e Piero Zuccaro saranno in mostra nei locali della Galleria Lo Magno in Via Risorgimento 91 (inaugurazione domenica 5 ore 19.00).

I protagonisti di questa collettiva non hanno bisogno di presentazioni: Colombo, Guccione, Polizzi, Puglisi e Zuccaro fanno parte del Gruppo di Scicli, mentre Iudice e La Cognata sono legati ai primi da amicizia e dal background artistico, ma non ne fanno parte in senso stretto.

“I [loro] dipinti – scrive Thomas Deprez nel catalogo della mostra – sono documenti della vita in Sicilia. Parlano del sole; dei colori che esso corrode e delle vibrazioni luminose che irradia. Parlano delle ore del giorno e dei giorni dell’anno. Parlano di un territorio, dove il caldo intenso dell’estate offusca le linee di confine tra tra la realtà e il sogno. […] Ognuno di loro è vittima del richiamo del mare. Con le sue sconfinate variazioni di colore e il suo perpetuo spettacolo di luce, esso è il soggetto artistico fondamentale”.

L’esposizione di pittura, inaugurata lo scorso febbraio a Gand nella Francis Maere Fine Arts Gallery all’interno dell’Hotel Falligan alla presenza del console italiano in Belgio e di un numeroso pubblico, è scaturita dalla collaborazione tra il gallerista belga Francis Maere, Giovanni Giannì e Giovanna Zacco (siciliani ma residenti da tempo nel cuore delle Fiandre) e Giuseppe Lo Magno.

“Nel portare “The light of Sicily” a Modica – spiega il curatore, Giuseppe Lo Magno – non abbiamo riproposto semplicemente la mostra allestita in Belgio, ma ne abbiamo rielaborato l’idea iniziale. Delle 49 opere esposte ne abbiamo dovute selezionare 14 per adeguarci agli spazi più ridotti della nostra galleria. E questa scelta ha richiesto nuovi accostamenti e un diverso approccio curatoriale”.

La mostra potrà essere visitata tutti i giorni, esclusa la domenica, dalle ore 10.00 alle 13.00 e dalle ore 16.00 alle 20.00. Ingresso gratuito.

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di Giovanni Criscione

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“THE LIGHT OF SICILY” Gent

Modica, 03/03/2016
La Galleria Lo Magno porta in Belgio la luce di Sicilia Modica (RG) – “The light of Sicily” è il titolo di una splendida collettiva allestita fino al 27 marzo nella Francis Maere Fine Arts Gallery, al primo piano dell’Hotel Falligan a Gand (Belgio). Espongono sette tra i maggiori artisti siciliani contemporanei: Giuseppe Colombo, Giovanni Iudice, Piero Guccione, Giovanni La Cognata, Franco Polizzi, Giuseppe Puglisi e Piero Zuccaro. Sette sale, una per artista, raccontano attraverso quarantanove dipinti le atmosfere inondate di luce dei paesaggi mediterranei, le trasparenze marine, l’oro dei campi e la luminosità del cielo di Sicilia. Nel catalogo anche un testo dello storico dell’arte Paolo Nifosì.
La mostra, inaugurata lo scorso 18 febbraio alla presenza del console italiano in Belgio e di un numeroso pubblico, è nata dalla collaborazione tra il gallerista belga Francis Maere, Giovanni Giannì e Giovanna Zacco (siciliani ma residenti da tempo nel cuore delle Fiandre) e Giuseppe Lo Magno, titolare dell’omonima Galleria di Modica. Terza città del Belgio, famosa per i suoi canali e le sue architetture gotiche nonché per le collezioni pittoriche dei maestri fiamminghi, Gand ha offerto un’importante vetrina internazionale per l’arte siciliana e un’occasione di incontro e di confronto per veicolare l’immagine migliore della nostra terra nel cuore dell’Europa.

«”The light of Sicily” – ha dichiarato Lo Magno – è il frutto di un lavoro durato due anni, durante i quali ho accompagnato i miei ospiti del Belgio a visitare alcuni artisti, le cui opere sono presenti in permanenza nella mia galleria, mentre erano intenti a dipingere nei loro studi e atelier. Francis Maere si è appassionato subito alla loro ricerca pittoria e alla loro straordinaria capacità di esprimere sulla tela la luce della Sicilia». Per la Galleria d’arte di Via Risorgimento 91 si tratta della seconda esposizione in ordine di tempo organizzata in Belgio: con la prima allestita nell’autunno dello scorso anno aveva portato un raggio di sole tra le brume di Fiandra.

TIME OUT

Antoci, Bramante, Cerruto, Di Rosa, Giuffrida e Lauretta espongono

nella Galleria Lo Magno

Martedì 29 dicembre alle ore 19.00 nella Galleria Lo Magno di Via Risorgimento 91/93 di Modica sarà inaugurata la collettiva “Time out” che riunisce per la prima volta opere di Rosario Antoci, Davide Bramante, Andrea Cerruto, Gianni Di Rosa, Emanuele Giuffrida e Francesco Lauretta.

Il titolo allude al fatto che la mostra sarà inaugurata a pochi giorni dalla fine dell’anno, ma anche

alla sospensione temporanea del gioco che si effettua in alcuni sport di squadra: una sosta, nello sport come nella vita, può tornare utile per riposizionare il nostro sguardo sul mondo, per leggere la realtà attraverso l’arte. Proprio il dialogo fecondo e creativo tra autori affermati e giovani emergenti, ma anche tra linguaggi diversi (pittura, scultura, fotografia) rappresentano alcuni dei principali motivi d’interesse della collettiva, che si snoda attraverso un interessante percorso espositivo.

Nei soft banner della serie “Cantieri” di Rosario Antoci, per esempio, convergono i linguaggi della scultura, dell’istallazione, della fotografia e del disegno per raccontare oggetti ruvidi (teloni da cantiere, reti metalliche) con superfici morbide.

Davide Bramante propone le sue celebri sovrapposizioni fotografiche, ispirate in questo caso a New York: i fotogrammi restituiscono la simultaneità babelica della città verticale, con i ponti e i docks, descritti come un ricordo d’immagini, una persistenza retinica negli occhi di una donna.

Andrea Cerruto riprendere tecniche tradizionali come lo spolvero per l’affresco, che nelle sue opere non trova però un compimento e rimane allo stadio preparatorio, soggetto ai limiti temporali.

I lavori di Gianni Di Rosa rappresentano iconografie dell’immaginario personale (la partita di calcio Austria-Germania del 1938, una mostra, le civiltà scomparse), in cui memorie e miti riemergono come fantasmi e l’arte è l’eterno ritorno sul luogo del delitto.

Emanuele Giuffrida propone due varianti dello stesso tema: il conflitto interiore dell’artista tra esistenza e problematica sociale raffigurato come una stanza vuota, con uno specchio-vetrata su un lato e un leggio nel centro, illuminata dalla livida luce di un neon.

Completano il percorso espositivo alcuni rari disegni a china di Francesco Lauretta e un’opera di grandi dimensioni raffigurante un paesaggio invernale e spettrale, metafora di fragilità e temporaneità.

La mostra resterà aperta fino al 30 gennaio e potrà essere visitata tutti i giorni dalle ore 10.00 alle 13.00 e dalle 16.00 alle 20.00, esclusa domenica e festivi.

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Info e contatti

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web: www.lomagnoartecontemporanea.it

Giovanni Robustelli

Tra pittura e improvvisazione, omaggio di Giovanni Robustelli a Carmelo Bene

Modica (RG) – Domenica 11 ottobre alle ore 19.00 nella Galleria Lo Magno di Via Risorgimento n. 91/93 si inaugura una mostra personale di Giovanni Robustelli dal titolo “Il più cretino”, a cura di Elisa Gradi.

Il titolo della mostra, tratto da un monologo dell’attore e drammaturgo Carmelo Bene nel film “Nostra Signora dei Turchi” da lui diretto (1968), allude a quello stato di semplicità e innocenza, di istupidimento che sconfina nell’abbandono e nella contemplazione visionaria e mistica. Non solo. «Il titolo di questa mostra – aggiunge l’autore – è anche riflesso su di me, sullo stesso auspicio di Carmelo Bene, giocando anche sulla provocazione del ridicolizzarmi, per mostrare il fianco, per non scherzare come gli adulti ma giocare come i bambini».

Quindici le opere in mostra, per lo più acquerelli. I lavori di Robustelli, come scrive la curatrice Elisa Gradi nel testo che accompagna la mostra, si muovono tra pittura figurativa e astrazione.

La sua scrittura «non segue […] un partito pittorico prestabilito, segnando un punto di congiunzione con la precisa volontà non-rappresentativa del teatro di Carmelo Bene. Né altrimenti si potrebbe restituire la fedeltà dell’esplorazione di un territorio pittorico che inglobi spazio, tempo e movimento, aprendosi fino allo sconfinamento nel campo dell’astrazione. Si tratta, dunque, di una sfida di sintesi fra pittura ed improvvisazione che il pittore tenta di far emergere in ogni composizione: della prima, egli conserva l’importanza del gesto, legato alla liricità della forma; della seconda, l’eco del movimento e del suono, in quanto portatori di valori trascendentali. Dal loro incontro scaturisce un concerto di sensi, le cui impressioni si rimandano l’una all’altra in un crescendo di variazioni e incrinature, che il pubblico sarà invitato a vivere nella piena libertà interpretativa, apprezzando la ricerca di un autore per cui non nel quadro finito si esaurisce lo sforzo creativo, ma da questo, tutto ha inizio».

Giovanni Robustelli (Vittoria, 1980), pittore, illustratore, sperimentatore si è formato artisticamente a Genova, avviando proficue collaborazioni con gallerie d’arte, curatori e critici tra la città della Lanterna e Milano. Di recente la sua ricerca artistica si è orientata verso performance cinestesiche, dove le note del sax del jazzista Francesco Cafiso o l’orchestra di sapori nei piatti dello chef Ciccio Sultano si fondono con il suo gesto pittorico. Le sue opere fanno parte di varie collezioni private italiane ed estere.

La mostra resterà aperta fino al 14 novembre (visite tutti i giorni, ore 10.00-13.00 e 16.00-20.00, chiuso il lunedì).

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Irina Ojovan

Modica (RG), 22/04/2015

Galleria Lo Magno, lo sconfinato linguaggio delle forme e dei colori nelle tele di Irina Ojovan

Dal 3 maggio al 6 giugno la Galleria Lo Magno (Via Risorgimento 91-93) ospiterà una personale dell’artista moldava Irina Ojovan, a cura di Arianna Piermattei (“Irina Ojovan”, vernissage domenica 3 ore 19,00; visite: da martedì al sabato, ore 10.00- 13.00 e 16.00-20.00.)

Irina Ojovan (Chisinau, Moldavia 1988) si è formata artisticamente tra la sua terra natale e l’Italia, dove ha frequentato le Accademie di Belle Arti di Torino e Roma. Diverse le collettive in Russia, Romania, Germania, Francia e Italia cui ha preso parte. La sua prima personale nel nostro Paese è stata allestita a Comiso nel 2010. Attualmente vive e lavora a Monaco di Baviera.

Nelle sue opere (circa venti quelle in mostra, tra oli su tela e serigrafie) la Ojovan costruisce spazi di colore, forme perfette, composizioni astratte, in cui si coglie il folklore stilizzato degli ornamenti della tradizione moldava, ma anche l’origine, il passato, la cultura e il contemporaneo dell’arte.

«Ad osservare le opere della Ojovan – scrive Arianna Piermattei, critica d’arte, a proposito della mostra – non si può non passare per le reminescenze dell’Espressionismo astratto di Rothko o del movimento del Colorfield. La strada inaugurata dalla rivoluzione dell’astrazione e della liberazione dal legame oggetto-sua riconoscibilità […] si è mossa sulla linfa dilagante di quell’albero di mondrianiana memoria che si trasformava in composizione geometrico-cromatica, passando per il dinamismo potenziale di Malevic e le atmosfere oniriche di Kandisky e Klee».

Se le campiture geometriche delle tele della Ojovan rappresentano uno spazio metafisico, «territori silenziosi o appena mossi da presenze geometriche che galleggiano o si manifestano improvvise sullo spazio in quiete, come a voler richiamare alla comunicazione in un’altra dimensione», c’è in esse, scrive la Piermattei, anche «il tentativo di misurare le sconfinate lande dell’anima, c’è il percorso “a passi tardi e lenti” per i sentieri del pensiero».

Info e contatti

Galleria Lo Magno

Via Risorgimento, 91/93, Modica (RG)

Tel: 0932 763165 / cell. 339 6176251

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