Categoria: Mostre

Le Cento Sicilie mini spot

Tante Sicilie, perché? Perché la Sicilia ha avuto la sorte ritrovarsi a far da cerniera nei secoli fra la grande cultura occidentale e le tentazioni del deserto e del sole, tra la ragione e la magia, le temperie del sentimento e le canicole della passione. Soffre, la Sicilia, di un eccesso d’identità, né so se sia un bene o sia un male. Certo per chi ci è nato dura poco l’allegria di sentirsi seduto sull’ombelico del mondo, subentra presto la sofferenza di non sapere districare fra mille curve e intrecci di sangue il filo del proprio destino”.

– Gesualdo Bufalino

TAORMINA, 14 LUG – Dal 17 luglio al 14 novembre 2021 Palazzo Ciampoli di Taormina ospiterà la mostra ad ingresso libero “Le Cento Sicilie. Il più ibrido dei continenti”

Saranno esposte opere di dodici artisti contemporanei: Alessandro Bazan, Giovanni Blanco, Barbara Cammarata, Giuseppe Colombo, Emanuele Giuffrida, Giovanni Iudice, Giovanni La Cognata, Filippo La Vaccara, Franco Polizzi, Ignazio Schifano, Samantha Torrisi e William Marc Zanghi.

L’esposizione a cura di Diego Cavallaro e Giuseppe Vella inaugura il 17 luglio 2021, alle 19, alla presenza dell’assessore Regionale dei Beni Culturali Alberto Samonà Organizzata dal Parco Archeologico Naxos Taormina, diretto da Gabriella Tigano, la mostra si innesta nel filone “Arte Sicilia Contemporanea” per la valorizzazione di Palazzo Ciampoli: prestigiosa residenza del XV secolo che negli anni passati è stata oggetto di un restauro da parte della Regione Siciliana.

Si ringrazia LO MAGNO artecontemporanea per la collaborazione.

Taormina – Palazzo Ciampoli

VISITE: tutti i giorni

ORARIO: dalle 9 alle 19

INGRESSO LIBERO

Le Cento Sicilie mini spot

ENCANTADORA

Un’installazione di ROSSANA TAORMINA dedicata a Tina di Lorenzo

A cura di ALDO PREMOLI

Da sabato 26 giugno al 30 agosto 2021 presso Teatro Tina di Lorenzo – Noto

Tina di Lorenzo. Figlia del marchese Corrado Di Lorenzo discendente dei marchesi di Castelluccio di Noto e dell’attrice napoletana Amelia Colonnello sale sul palco già da piccola, grazie alla formazione, da parte del padre, amante di teatro, di una piccola compagnia filodrammatica:

Recita così da protagonista nel Teatro comunale di Noto, oggi a lei dedicato, in un dramma in un atto, “Le Orfanelle di Casamicciola” dove interpretava la parte di una bambina rimasta orfana in seguito al terremoto di Casamicciola.

Il successo le arrise nel 1888, al Teatro Rossini di Napoli quando la stampa inizia a decantare le sue grandi doti di attrice. Possedeva rara bellezza, voce melodiosa e modi da signora nonostante la giovane età.

Fu consacrata come astro nascente dell’arte drammatica ed in breve divenne una delle attrici più ricercate e contese dai capocomici. Svolse numerose tournée all’estero, soprattutto nell’America Latina.

Grazie al suo talento e alla sua bellezza, in Argentina fu soprannominata Encantadora.

Nel 1901 sposa il cugino Armando Falconi, attore anche lui: la loro storia d’amore nacque durante una tournée in Ungheria nel corso della quale lui la difese dagli attacchi di un giornalista che dipingeva la De Lorenzo con toni poco lusinghieri. Nel un duello, fortunatamente incruento, Falconi ebbe la meglio tanto da meritarsi l’amore della cugina.

Tina Di Lorenzo fece parte di numerose compagnie, tra le altre quelle dello Stabile del Teatro Manzoni di Milano (dal 1912 al 1914) dove fu primadonna, mietendo una straordinaria e ininterrotta serie di successi. Partecipò ad una sola pellicola cinematografica, sempre assieme al marito, nel 1915: si trattava de La scintilla di Eleuterio Rodolfi.

Si ritirò a vita privata negli anni tra il 1918 ed il 1920 e morì prematuramente a Milano nel 1930. L’Amministrazione municipale di Noto ha reso onore intitolando a lei, dal 2011, il Teatro comunale della città. www.fondazioneteatrodinoto.it

Rossana Taormina. E’ l’artista che ha progettato la mostra site specific poi rimandata alla prossima estate 2022 a causa ella pandemia e di lavori di ristrutturazione previsti all’ interno del Teatro. Vive a Palermo ma è nata a Partanna, nella Valle del Belice, pochi anni dopo il violento sisma del 1968. L’impulso culturale e artistico di respiro internazionale della vicina Gibellina, che sarebbe culminato nel Grande Cretto di Burri, sarà elemento determinante nella sua formazione. Dopo la maturità classica e un biennio di studi universitari in archeologia, trascorre a Roma alcuni anni per lavoro e in quel periodo entra in contatto con l’ambiente artistico della Capitale. Rientrata in Sicilia sperimenta la propria inclinazione nel campo delle arti visive con alcune esperienze nell’ambito della comunicazione visiva e dell’illustrazione didattica. Quindi si diploma presso l’Accademia di Belle Arti. Dal 2011 si dedica esclusivamente alla propria ricerca artistica. Il folgorante incontro con l’archivio fotografico di famiglia, recuperato solo in parte dalle macerie, la progressiva perdita della configurazione dei luoghi dell’infanzia a seguito della ricostruzione post terremoto con la conseguente ridefinizione identitaria delle comunità coinvolte, inducono in lei un naturale sentimento della memoria e della nostalgia che trova modo di esprimersi nella rielaborazione delle poetiche dell’object trouvè. L’intervento artistico, che coinvolge foto autentiche, mappe, carte nautiche, oltre a prediligere l’uso del filo, legato al ricordo della nonna ricamatrice, ha una forte inclinazione per la contaminazione dei linguaggi. Il lavoro di Rossana Taormina è stato esposto in Europa e negli Stati Uniti. La sua ricerca artistica compare su diverse riviste e pubblicazioni internazionali, tra le quali ricordiamo la monografia di Charlotte Vannier De fil en aiguille / la broderie dans l’art contemporain, Pyramyd Éditions e l’articolo Talents aiguilles sul ricamo nell’arte contemporanea, pubblicato nel marzo 2019 su Beaux Arts Magazine (BAM 417).

Aldo Premoli. E’ il curatore tanto della installazione luminosa dedicata a Tina di Lorenzo che della mostra prevista per la prossima estate 2022. Giornalista e scrittore Ha diretto L’Uomo Vogue (1992- 1999). Tra il 2013 e 2014 Tar magazine, rivista di arte, scienza ed etica. Attualmente è blogger di Huffington Post, columnist di Artribune e Linkiesta, direttore della piattaforma super local SudStyle.it. Senior curator di San Sebastiano Contemporary a Palazzolo Acreide, a Cernobbio nel 2021 ha fondato La Cernobbina Artstudio. Svolge la sua attività di visiting professor per Accademie del nord come del sud della penisola.

A Noto ha già curato lo scorso anno – sempre nel Teatro Tina di Lorenzo- la mostra Foyer Davide Bramante& Friends: I nuovi siciliani https://www.sansebastianocontemporary.it/Artisti/foyer- davide-bramante-friends-i-nuovi-siciliani/ collettiva che ha rappresentato i migliori tra gli artisti visivi contemporanei siciliani. Sua anche l’esposizione attualmente in corso al Museo Del Mare di Calabernardo dal titolo Il Mare sopra / Il Mare sotto che vanta la presenza di 20 protagonisti facenti parte delle più diverse espressioni artistiche contemporanee. In particolare pittura, scultura fotografia e video.

MEDITERRANEO SICILIA EUROPA ONLUS

L’associazione Mediterraneo Sicilia Europa Onlus ha prodotto questa esposizione. MSE Onlus sceglie la Sicilia come punto di partenza per lo svolgimento di tutte le sue attività ispirate ai principi di mutualità, spirito comunitario, interazione e integrazione sociale. L’Associazione si prefigge di contribuire al superamento delle discriminazioni di razza, censo, cultura, religione e orientamento sessuale attraverso progetti per contrastare le povertà estreme, progetti di formazione e studio per minori e neo diciottenni residenti e migranti, mostre di arte contemporanea, convegni e pubblicazioni.

M.S.E Onlus finanzia sia progetti per il sociale che vanno a sostegno delle povertà estreme e delle povertà educative di residenti e migranti, che progetti PER LA CULTURA, puntando proprio su quest’ultima come strumento di valorizzazione e rivitalizzazione del territorio diffondendo la pratica artistica per aumentare la partecipazione della società civile.

SI RINGRAZIA:

Lo Magno artecontemporanea

Fondazione Teatro Tina Di Lorenzo di Noto

La Città di Noto

Inaugurazione “La ferita della carne e la Resurrezione”, di Giovanni Viola

“La ferita della carne e la Resurrezione”, personale di Giovanni Viola alla galleria Lo Magno arte contemporanea Modica (RG) – Dal 2 aprile al 15 maggio 2021 la galleria Lo Magno arte contemporanea ospiterà nei propri locali di via Risorgimento 91-93 la personale di Giovanni Viola dal titolo “La ferita della carne e la Resurrezione” (inaugurazione venerdì 2, ore 16; visite su prenotazione). La mostra è a cura di Giuseppe Lo Magno.
L’artista, in occasione della Pasqua, propone una riflessione sul tema della Resurrezione attraverso la rilettura di due tra le più celebri opere di Caravaggio: l’incredulità di San Tommaso e la Cena di Emmaus. Sarà pure presente un lavoro dedicato alla luce del cielo, tematica cara all’artista e che riconnette l’intero progetto alla sua ricerca pittorica più nota.
La mostra offre numerosi motivi d’interesse allo spettatore. Tra i principali, si segnala il fatto che a distanza di undici anni dalla sua prima personale (“Viola su tela e su carta”, aprile 2010), l’autore torna a esporre nella galleria che per prima lo ha lanciato e fatto conoscere, proponendo i risultati della sua più recente evoluzione pittorica. Accostatosi al mondo dell’arte attraverso lo studio dei maestri italiani e stranieri del passato e approdato allo studio del paesaggio per il contatto con l’opera e l’amicizia del maestro Salvatore Paolino, Viola in questo lungo arco di tempo, quasi in sordina, ha percorso anche un originale cammino di studio e di ricerca su tematiche di natura filosofica attraverso la rilettura delle opere di quei grandi Maestri dall’arte che mai hanno smesso di accompagnarlo.
La mostra è accompagnata da due testi critici, uno del teologo Francesco Brancato; l’altro dello
storico dell’arte Vito Chiaramonte. Brancato mette in evidenza la «delicata originalità» con cui Viola rilegge Caravaggio. Un atteggiamento di “originale imitazione”, il suo, che «rispetta l’opera d’arte di riferimento reinterpretandola, ridandole vita per l’oggi, per l’uomo contemporaneo, lasciandosi condurre per le strade, i vicoli, gli scorci che ininterrottamente apre ogni autentica opera d’arte che è tale non perché tutto-dice e tutto-risolve, ma in quanto tutto-indica». Chiaramonte riflette sul procedimento e sul significato che l’immagine assume per l’artista. «La linea che taglia le scene caravaggesche – scrive – l’ironia che sostiene lo sguardo geometrico di un Antonello, le cancellazioni-rimozioni dalla cena in Emmaus, le luci di perla che attraversano i cieli delle sue marine, sono l’esito di uno stesso procedimento in cui la citazione, imprecisa, variata, mancante, sferra sempre un colpo di coda subliminale (ancora una volta sotto la soglia), e introduce all’incontro con un elemento inatteso, con un’alterità che non può essere descritta e che non prende forma».
La mostra potrà essere visitata negli orari di apertura della galleria, da lunedì a sabato dalle 9 alle 13 e dalle 16 alle 20, prenotando la visita all’indirizzo info@lomagnoartecontemporanea.it oppure telefonando
allo 0932 763165 / 3396176251.

Showcase Exhibition/2

Giuseppe Lo Magno

Responsabile
Lo Magno ArteContemporanea

Aldo Premoli

Art
Project
Manager

Inaugurazione “Paura della pittura” di Giovanni Blanco

Dal 14 dicembre all’11 gennaio Lo Magno Arte Contemporanea di via Risorgimento 91-93 ospiterà la personale di Giovanni Blanco “Paura della pittura” a cura di Gabriele Salvaterra (inaugurazione: sabato ore 19; visite: tutti i giorni, tranne il lunedì, dalle ore 10.00 alle 13.00 e dalle ore 17.00 alle 20.00). Giovanni Blanco (Ragusa, 1980) vive e lavora a Modica e Bologna, dove è stato allievo di Massimo Pulini all’Accademia di Belle Arti. “Paura della pittura” è il titolo di un testo dello scrittore e pittore Carlo Levi che, già nel 1942, metteva in discussione pratiche e stili pittorici, notando un allontanamento dalle ragioni e dalle problematiche dell’essere umano (“Il domani non si prepara con i pennelli, ma nel cuore degli uomini”). Dalle suggestioni e dagli stimoli offerti da quelle pagine ancora attuali prende le mosse l’idea della presente mostra. In un’epoca in cui la pittura sconfina dagli spazi espositivi in modo quasi pervasivo e riafferma il proprio diritto di comunicare, l’artista contemporaneo avverte la necessità di riflettere sulla natura del fare pittorico che continua a essere fonte di inquietudine, qualcosa di molto semplice e molto complesso, naturale e assurdo allo stesso tempo. Il percorso ideato da Giovanni Blanco – comprendente una serie di opere a olio, di piccole e medie dimensioni – si presenta come un’operazione analitica che, imitando le forme del display espositivo e dei generi tradizionali, interroga se stessa e l’osservatore sulla validità dell’esperienza estetica veicolata dalla pittura, in un’affascinante ricerca di nuovi significati e valori. La mostra è accompagnata da una pubblicazione in cui le immagini dell’autore, i testi critici del curatore e altre referenze d’archivio si rincorrono tra loro per restituire il clima, le riflessioni e la genesi che hanno portato alla realizzazione delle opere esposte. L’evento è realizzato con il contributo dell’Antica Dolceria Bonajuto di Modica e Ghibli general contractor di Ragusa.

Inaugurazione “Piero Guccione: un silenzio che si fa luce”

Domenica 5 maggio ore 19:00 inaugurazione della mostra

Piero Guccione: un silenzio che si fa luce

presso gli spazi espositivi di Lo Magno Arte Contemporanea

Via Risorgimento 91/93, Modica (RG)

Il percorso espositivo, come scrive il critico d’arte Paolo Nifosì nel catalogo della mostra, comprende « le Attese di partire (fine anni sessanta e inizi degli anni settanta), una serie di litografie in cui le geometrie degli interni di un aeroporto organizzano e strutturano una luce metafisica, i riflessi sulla Volkswagen, del 1973, in una cartella di quattro acqueforti, in cui il riferimento è sia Roma che Scicli; acqueforti molto elaborate di fitte trame, con un lavoro di bulino da orafo, in cui gli inchiostri di una grafica antica hanno un che di corposo e di denso per raccontare la civiltà urbana, quella raccontata qualche anno prima anche nei giardini e nelle siepi, e quella siciliana nel racconto del Paese rosso di Scicli in cui sono compresenti i simboli della chiesa Madre e il tabellone elettorale della falce e martello nella collina di San Matteo, e la scoperta del cielo, delle nuvole in un notturno in cui appare la pallida traccia della luna (forse l’unica immagine in cui Guccione ha reso la luna di notte); le interpretazioni litografiche sul Baltico di Friedrich in una cartella del 1981, gli ibischi degli anni settanta, il miniaturistico e tesissimo Cuore freddo del mare, fatta per il Metropolitan di New York, la Pietà di San Pietro resa con un sicuro e immediato segno in un campo rosso-arancio».

Emanuele Giuffrida

La realtà delle cose invisibili

Pittore poetico, Emanuele Giuffrida, racconta con l’aiuto dei pennelli la sua giovane storia. Nato a Gela in Provincia di Caltanisetta, 35 anni fa, è un uomo che ama gustare ogni istante della vita. Introverso, silenzioso, fa ricadere le sue umane ossessioni su tele e fogli di carta che invadono il piccolo atelier che si è ritagliato tra le mura domestiche, protagoniste non occasionali dei suoi primi lavori come Kitchen III e The student’s. A diventare pretesto per la pennellata sono una cucina nel suo angolo più scarno; la mobilia improvvisata e ridotta all’essenziale, pochi oggetti, che riescono comunque a fare disordine. Piccole tavole dove vengono narrate scene di rituali domestici condivisi solo con le persone a lui più care e dove ogni cosa pare, però, avere il sapore di un rito. La prima volta che ci siamo incontrati eravamo nella sua terra, la Sicilia, invasa da un insolito freddo polare. Abbiamo camminato lungo le vie e i gradini che portano alla Cattedrale di Caltagirone parlando di pittura, di ricerca e della sua voglia di costruire un proprio codice espressivo. Un codice che nasce nelle viscere della propria vita vissuta, senza bisogno di attingere ad immagini di riviste: gli bastano le fotografie scattate con i suoi occhi da bambino, in una cittadina di Provincia tra le più difficili dove, negli anni novanta, mentre Milano era da “bere”, Gela era da “morire” ed eri fortunato se non finivi a terra steso sotto un lenzuolo bianco. Io cercavo di capire sempre più quale fosse la nascita del suo voler essere pittore, la nascita di quelle urla di silenzio e di quei colori spenti, quasi retrò, che ritrovavo ripetutamente nei suoi lavori e lui mi disse “Sai Rischa, quando vivi a Gela e non vedi i colori, i colori poi non possono fare parte della tua vita”. Rimasi in silenzio e capii che quello che raccontava Emanuele non era solo una storia tra le tante, che ognuno di noi potrebbe raccontare, ma era una presa di coscienza della difficoltà di non riuscire ad assaporare le cose semplici e per lui straordinarie che raramente da piccolo gli erano capitate, come quella, ad esempio, di avvicinarsi ad un tavolo e riuscire per una volta a giocare semplicemente a biliardo. Impossibile non pensare al Caffè di notte di Vincent Van Gogh, dove con un grande biliardo al centro della stanza, nella sala vuota e triste, ha “cercato di esprimere l’idea che il caffè è un posto in cui ci si può rovinare, diventar pazzi, commettere dei crimini.” Il tempo non ha mutato il destino di questo luogo neanche nelle opere di Emanuele. La sala giochi, infatti, viene ricostruita nell’immaginario dell’artista come luogo di assenza, di buio; separazione più che aggregazione. Un posto dove non ci sono palle o stecche per giocare, perché a questi ragazzi, giocare non è permesso. Nel nostro mondo sempre più spesso le cose sono diverse da come appaiono, la gente preferisce apparire più che essere, sembra di vivere tutti sotto il tendone di un circo: belli, spensierati e divertiti durante lo spettacolo, tremendi e bugiardi quando si spengono le luci.
Ed è proprio questo il tema che ritrovo oggi nell’unico dipinto protagonista della mostra Outside a Modica. La periferia palermitana, dove sosta un circo con la propria carovana, è stato il pretesto, come in un film di Fellini, per raccontare l’inarrestabile decadenza della vita. Il buio, vero protagonista di questo dipinto, è disturbato dalla luce di una piccola luna piena, che alla sinistra dello spettatore sembra voler illuminare storie che non si devono raccontare, di un paese che nessuno sembra voler conoscere. Un paese costellato di tante piccole figure umane, nude o seminude, che con un sottile, quasi invisibile filo, tengono al collo i segreti di un compagno che si credeva amico. E non ci dobbiamo sorprendere se al centro della tela scopriamo, tra i tanti cammelli che indifferenti si sfamano dopo una giornata di duro lavoro, la sagoma di una donnina dall’aria allucinata. Attirerà la nostra attenzione, e forse ci farà sorridere, il riflesso di luce che illumina il sedere di una bestia riversa a terra, ma non abbiamo tempo di soffermarci, perché il nostro sguardo, poco più in là, affonda in una fila di piccoli uomini che attendono il proprio turno, non per comprare il biglietto d’ingresso allo spettacolo, ma per giocarsi tutto alle slot-machine. Sulla destra un enorme tendone, caratterizzato da spesse pennellate bianche, ci rimanda, in un gioco di luci, alle due figure che appaiono poco per volta in primo piano e che scopriamo poi definite nei disegni preparatori che completano la mostra. Emanuele crea dipinti estremamente realistici, caratterizzati da una grande cura dei dettagli, mettendo a nudo i propri sentimenti che a noi potrebbero sembrare marginali. I personaggi del suo grande circo sembrano quasi dei manichini, dei pretesti, quasi inanimati protagonisti di un mondo fatto di cose più che di persone, voci di un ambiente, stato d’animo di un mondo. Mentre il teatro della vita è fatto di parole, di gioie, di emozioni e di pensieri, il suo circo sembra raccontare un mondo fatto di immagini, tant’è che uscendo dallo spazio della mostra, si ha la sensazione di essere svuotati allo stesso modo di quando si torna a casa dopo aver assistito al peggior film di paura di Hitchcock. I ricordi riaffiorano alla mente di chi, come me da bambina, sognava di andare al circo per vedere lo spettacolo degli animali, spettacolo che oggi si è trasformato nel drammatico spettacolo di una società fortemente disagiata.
Il Circo Fuori è il regno del conformismo e della rassegnazione, una performance inconscia e inconsapevole che ciclicamente viene vissuta. Scriveva Marcello Gallian su L’Interplanetario nel 1928: “Non so immaginare cosa più bella e più grande nella vita di quaggiù che un Circo Reale. Nulla di più umano e di più tragico se non esistesse un Circo nel mondo […]. Non parlo oggi del Circo come spettacolo teatrale, ma della vita, dei costumi, delle abitudini, delle convenzioni, del linguaggio della gente che popola il circo. Se dai pianeti lontani partisse un’inchiesta per sapere i segreti della Terra e della gente che la abita, per investigare sulle virtù e sui privilegi e sulle caratteristiche della Terra e degli uomini e in che cosa si differenziano da tutti gli altri mondi seminati nell’Universo, io presenterei in sintesi l’essenza del nostro mondo e dei suoi abitatori: il Circo.”

Emanuele che per quest’opera ha lavorato in modo ossessivo, quasi in piena crisi di Stendhal, senza pensare ad altro, il giorno stesso dell’inaugurazione, mentre sua moglie gli preparava un intruglio fatto con uova per gli ultimi ritocchi alla tela, mi sussurra all’orecchio: “Avrei voluto farlo più grande, forse ho bisogno di lavorarci ancora, credo due mesi basteranno”.

Rischa Paterlini

Melissa Carnemolla

Melissa Carnemolla

Retrospettiva 2018
Galleria Lo Magno
Modica, Rg
29 Dic 2018 – 26 Gen 2019
Testo di Maria Brazão Sousa

Melissa Carnemolla è una fotografa documentarista la cui pratica artistica va ben oltre la macchina fotografica. Dalla fotografia digitale all’analogico, dai Washi film ai collage, Melissa esplora le infinite possibilità dell’atta creativo, per tradurre le proprie curiosità e riflessioni in arte visiva.
Trattare con realtà diverse e complesse, esplorare la propria personalità e giocare con l’ordinario, sono i soggetti principali del suo lavoro.
Considerare ciò che sarebbe comunemente etichettato come rifiuto è ciò che la affascina. La coerenza presente in queste opere esposte, non deriva dall’uso di un mezzo specifico o di un argomento preciso, ma da un approccio onesto, in cui un intuitività genia è la forza principale. La sperimentazione, nella sua definizione più ampia, è una procedura eseguita per supportare e confermare un ipotesi. Imparare, crescere ed espandersi significa entrare in un territorio
sconosciuto. Significa mettersi in una posizione vulnerabile e umile.
In definitiva, celebrando fallimenti e convertendo gli ostacoli in una fonte di nuove eccitanti scoperte, Melissa ci incoraggia ad abbracciare la natura imprevedibile di, non solo il processo creativo ma, della vita in generale, mostrandoci che la gioia non sta nei risultati finali, ma in cosa abbiamo vissuto durante il percorso.

Descrizione dei Progetti

Diary of Failures ( Diario di Fallimenti)
Transvaal è il quartiere con la più alta concentrazione islamica dell’Aia. Nel 2007, è stato designato dal governo olandese come uno dei 40 distretti più critici del paese.
Transvaal è anche il posto in cui vivo e il luogo in cui mi piacerebbe sentirmi a casa. Volevo utilizzare la possibilità di documentare questa zona per avere l’opportunità di interagire con le persone del quartiere ma acquisire familiarità con la cultura islamica si è rivelata una cosa estremamente impegnativa. A causa del divario linguistico e culturale è stato praticamente impossibile creare una connessione con queste persone, per cui non sono mai riuscita ad avere un accesso nelle loro vite. Sono rimasta isolata.
Ho deciso di raccogliere tutte le esperienze di rifiuto ricevute nel tentativo di fotografare il quartiere e i suoi abitanti, e creare un diario attraverso il quale ho tradotto le mie frustrazioni in linguaggio visivo.
Mum Why Did You Collect Stamps? (Mamma perché hai collezionato francobolli?)
Non ho mai fatto troppe domande a mia madre. Non so nulla della sua giovinezza, della sua vita prima di aver avuto me. Non ho mai avuto una conversazione chiara con lei sulla vita in generale.
A volte pensavo che volesse nascondermi le sue storie.
Crescendo ho capito che mia madre, prima di essere mia madre, è una persona con gli stessi problemi di chiunque altro.
Ero così curiosa dei suoi segreti, ma non ne abbiamo mai parlato.
A 4 anni ho trovato la sua collezione di francobolli e da allora mi è stata vicina.
Dopo 23 anni le ho chiesto perché li collezionava.
Una domanda semplice. Non mi aspettavo una grande risposta ma lei, con il suo modo di pensare semplice, mi ha sorpresa.
Questo libro è un elogio a mia madre.

Analogue Experience (Esperienze Analogiche)
(Washi Film, Dark Room, Cyanotype)
Mi trovo a mio agio quando le porte rimangono aperte. Mi rende felice poter abbracciare tutte le possibilità che il linguaggio visivo può offrire. Per questo motivo mi diverto a sperimentare e provare nuove strategie, riutilizzando o riadattando antiche tecniche fotografiche.
I Despised The Other Me Then I Felt Guilty. (Ho disprezzato l’altra me poi mi sono sentita in colpa)

Il mio carattere è la mia ossessione.
Vorrei essere una donna forte capace di superare i miei limiti, ma non lo sono.
Se avessi dovuto scegliere un numero avrei sempre scelto il 4.
Il mio segno e Gemelli e sono ascendente Bilancia: Io sono quattro aspetti in una sola persona.

Per ogni aspetto c’è un gusto differente.
Per ogni aspetto c’è un sogno differente.
Per ogni aspetto c’è un obbiettivo differente.
Per ogni aspetto c’è un differente modo di essere.

Ho provato a disprezzare una parte di me perché pensavo fosse sbagliata. Nel momento in cui lo facevo, ho realizzato che non c’era alcuna reale possibilità di separare le parti. Ho capito che quella che stavo cercando di disprezzare si è rivelata la parte più vulnerabile e, alla fine, io ero la cattiva, la colpevole.

 

Biografia

Melissa Carnemolla è nata a Ragusa nel 1991. Dopo una breve carriera come Interior Designer, si è trasferita a Roma per seguire un master in fotografia. Nel 2016 ha vinto due borse di studio: Residenza d’artista ad Arles con Studio Vortex di Antonie D’agata e Spazio Labò Photo Workshop a New York con Michael Ackerman. Dal 2015 al 2017 è stata la co-fondatrice e co-direttrice di
Gazebook: Sicily Photobook Festival. Nel 2017 è stata ammessa alla KABK, un accademia d’arte a L’Aia (Paesi Bassi), dove ha iniziato un BA di quattro anni in fotografia.

Dei passaggi e dei culmini – Vernissage

Inaugurazione mostra personale

“Dei passaggi e dei culmini” di Francesco Balsamo

29 aprile – 27 maggio 2017

Galleria Lo Magno

Via Risorgimento, 91 / 93 – Modica (RG)

Vernissage: 29 aprile 2017, ore 19

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La mostra rimarrà allestita fino al 27 maggio e potrà essere visitata dal martedì al sabato dalle ore 10 alle 13 e dalle 16 alle 20.