Autore: galleria lomagno

BASSI BENEVENTANO

 

 

 

 

A SCICLI NASCE “BASSI BENEVENTANO”:

UNO SPAZIO SUGGESTIVO DOVE LA STAMPERIA D’ARTE AMENTA, CHE REALIZZA PREZIOSE INCISIONI, SI COLLEGA ALLA GALLERIA D’ARTE LO MAGNO. UN PROGETTO UNICO CHE PRENDE FORMA ALL’INTERNO DELLO STORICO PALAZZO BAROCCO PATRIMONIO DELL’UMANITÀ.

SCICLI (RG) – L’arte nell’arte. A Scicli una stamperia d’arte, tra le pochissime in Italia, accresce i suoi spazi e si collega ad una galleria d’arte di Modica che sceglie di abbracciare anche quest’altro centro barocco. Un progetto unico che sarà ospitato all’interno di uno spazio altrettanto unico, l’antico Palazzo Beneventano, storico immobile che è patrimonio dell’Umanità. Nella parte sottostante gli ambienti nobiliari, nasce infatti “Bassi Beneventano”, il progetto d’arte al quadrato che portano avanti Loredana Amenta, stampatore incisore, e il gallerista Giuseppe Lo Magno. Venerdì 9 giugno alle ore 19 l’inaugurazione di questo spazio che si connota per la sua unicità in tutta Italia. La stamperia d’arte, che cambia così sede, realizza ancora oggi, attraverso un processo di presse, acidi, lastre, straordinarie incisioni per conto di numerosi artisti italiani tra cui Piero Guccione, Angelo Ruta, Giovanni Robustelli, Giovanni Blanco, Franco Fratantonio, Rosa Cerruto, Giovanni Viola, Domenico Grenci, Carmelo Candiano e tanti altri. Alcuni di questi artisti sono seguiti dalla galleria d’arte Lo Magno, nota fucina creativa con sede a Modica ma che d’ora in poi potrà contare anche su questo nuovo spazio a Scicli. Nata inizialmente come laboratorio di corniceria artigianale, la galleria da pochi mesi ha festeggiato 30 anni di attività e prosegue l’obiettivo di promuovere i principali artisti siciliani presentandoli in fiere di settore ma anche in eventi nazionali e internazionali.
Il progetto comune a Scicli nasce da una salda amicizia. Loredana, che ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Catania e si è specializzata alla Fondazione Il Bisonte di Firenze, tra le più importanti al mondo per lo studio delle arti grafiche, ha conosciuto e lavorato con l’amico gallerista per circa 7 anni. Poi la coraggiosa scelta di aprire la stamperia in un piccolo immobile acquistato in città con tanti sacrifici. Adesso la svolta al suo progetto che prima di essere un lavoro è soprattutto una passione. Così lo spazio scelto sono i bassi del famoso palazzo barocco di Scicli, uno dei più visitati dai turisti di tutto il mondo. Ed è proprio qui che la sua stamperia d’arte troverà una nuova casa, una casa condivisa con la galleria d’arte modicana che da sempre coltivava il sogno di essere presente anche in altre realtà del Val di Noto. Dal reciproco scambio di idee nasce dunque “Bassi Beneventano” che non sarà uno spazio espositivo normale ma “vivo”, perché i fruitori potranno non solo passeggiare tra il percorso artistico allestito ma vedere dal vivo le varie fasi del laboratorio incisorio sempre in attività. E questo permetterà a turisti, visitatori e appassionati d’arte di poter scoprire il faticoso e altrettanto meticoloso lavoro che c’è dietro ogni incisione. Un lavoro che nasce dalla connessione intima tra artista e stampatore incisore. A fianco del segno apposto dall’artista, c’è infatti l’attento intervento di Loredana nei vari passaggi che, attraverso le varie e complesse tecniche usate, permettono di giungere, dopo ripetuti passaggi nelle presse, all’opera finale. Un’opera unica perché nell’incrocio tra acquaforte e campiture sarà differente dalla precedente grazie al sapiente lavoro artigianale. In esposizione, per il vernissage d’apertura, ci saranno le opere degli artisti Sandro Bracchitta, Giuseppe Colombo, Emanuele Giuffrida, Giovanni Iudice, Giuseppe Leone, Rossana Taormina, Giovanni Viola, William Marc Zanghi, a cura della galleria Lo Magno, insieme alle incisioni di Giovanni Robustelli, Giovanni Blanco, Piero Guccione, Rosa Cerruto e alcune incisioni della stessa Loredana. In esposizione anche le matrici incise, per far meglio comprendere i vari passaggi che portano alla realizzazione delle opere, e le ormai famose cornici artigianali della galleria modicana. A riprogettare gli spazi di “Bassi Beneventano” sono stati gli architetti Elisa Lo Castro e Andrea Pluchino mentre l’identità grafica è stata curata da Angelo Ruta, Sergio Iacono, Marco Lentini e dal team di After Studio. “Sono felice per la reciproca collaborazione avviata in questo spazio assieme al gallerista Lo Magno – spiega Loredana Amenta – perché so che ci arricchiremo a vicenda avendo a disposizione strumenti e circuiti differenti che andranno ad intrecciarsi all’interno di uno spazio che ha un’anima rara, pienamente convinta che Bassi Beneventano potrà rappresentare un valore aggiunto per Scicli. Ci impegneremo a farlo diventare un luogo di scambio, di crescita e di contaminazione organizzando eventi che abbracciano varie arti”. Un progetto a cui crede molto anche il gallerista Giuseppe Lo Magno che, assieme alla sua assistente Valeria D’Amico, sta curando le ultime fasi dell’allestimento interno: “E’ un posto che ti strega e ti affascina, come è avvenuto a me e a Loredana. La nostra presenza a Scicli persegue uno dei progetti della mia galleria che è quello di incrociare anche altri centri storici siciliani in cui essere presenti. E questa rappresenta una tappa di quel progetto. Scicli ci ha subito accolto in questo spazio affascinante e al tempo stesso prezioso”. Tra gli oggetti più significativi e al tempo stesso curiosi c’è anche una vecchia Albion Press dell’800 per la stampa a caratteri mobili con cui si stampavano i libri e che è ancora oggi pienamente funzionante. Loredana, con l’uso di carta speciale realizzata in cotone o lino, la utilizza per la realizzazione di pubblicazioni praticamente uniche e preziose. Una sorpresa ulteriore che si nasconde all’interno di questo straordinario progetto d’arte.

06 giugno 2023
ufficio stampa
Michele Barbagallo per MediaLive

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Angela Sanna per Angelo Barone | Miraggi Solidi

True love stories never have endings.

Con questo semplice pensiero lo scrittore-aviatore Richard Bach esprimeva una verità nota a tutti e nella quale anche l’artista Angelo Barone potrebbe vedere riflesso quello che è, per sua stessa ammissione, il primo grande amore della sua vita artistica: la fotografia. Un amore ancora vivo che nel tempo lo ha portato a costituire una raccolta di fotografie tutta sua, da quelle più antiche – seppia, dagherrotipi, ferrotipie – a quelle più contemporanee. Una passione che si è progressivamente sviluppata e legata alla sua indagine plastico-pittorica per poi diventare lo specchio nel quale si avvicendano, uguali e diverse, le sue sculture. Anello di congiunzione tra tridimensionalità e bidimensionalità, le stampe fotografiche esposte in mostra rivelano particolari sfaccettature cromatiche e luminose, sempre ricercate e a tratti audaci, dalle tinte pastello ai colori sgargianti fino ai chiaroscuri più ombrosi.

Se queste fotografie sono Miraggi solidi, accattivanti e seducenti, esse sono altresì il frutto di considerazioni di natura estetica e culturale il cui primo rimando iconografico è la forma unica del monolite. Un topos che, come ben sa chi conosce il lavoro di Angelo, è ispirato alle casematte da lui osservate attraverso l’esplorazione di Paul Virilio nei siti oramai disertati del secondo conflitto mondiale. La loro conformazione riconduce, contemporaneamente, all’architettura del nostro tempo, cui l’artista guarda con occhio attento e riflessivo. Le sue sculture ricordano in modo particolare i plastici, strutture in miniatura nelle quali, ci dice Angelo, gli architetti vedono materializzarsi il loro progetto, la loro utopia. Ancora le sculture sono i testimoni di una sensibilità architettonica che predilige, nel solco del Razionalismo, i profili lineari e funzionali piuttosto che la stravagante estrosità di tanta progettazione postmoderna e contemporanea.

Nell’idea di Angelo, l’accumulo smodato delle forme, che egli stesso rifugge, trova un corrispettivo nell’affastellamento delle immagini virtuali, o televisive, da cui siamo surclassati. Complice una società massificata che giorno dopo giorno assiste a quella sparizione della realtà, già teorizzata da Jean Baudrillard, una realtà che non può più esistere senza un vuoto al quale contrapporsi. A questa problematica, che implica la “perdita della visione”, un tema costantemente esplorato dall’artista, fanno riferimento le opere fotografiche e bidimensionali dove svanisce la nitidezza dei contorni: quasi una metafora della nostra facoltà di osservazione, sempre più inibita e corrotta dal flusso ininterrotto di stimoli visivi. E’ in questo senso che la sua ricerca s’incentra sì sulla scultura ma anche e soprattutto sulla “evocazione” della scultura, sulla sua presenza-assenza. Le potenzialità della fotografia, segnatamente i passaggi dalla focalizzazione alla sfocatura, gli consentono di indagare questo aspetto della percezione per poi rendere l’immagine pura superficie attraverso la “vellutazione”, procedimento tecnico e poetico che contraddistingue e impreziosisce da tempo il suo lavoro.

Quasi per paradosso, è proprio attraverso la “s-definizione” dei profili che Angelo stimola lo spettatore ad acuire la vista e a fermarsi a guardare, nelle sue fotografie in modo particolare, l’elemento a fuoco in primo piano che si fonde con lo spazio circostante. “Mi piace fare appartenere le forme allo spazio”, afferma l’artista alludendo alla sua convinzione che l’architettura debba rispettare le radici storiche ed estetiche del luogo in cui sorge.

Un riferimento a questa idea di continuità potrebbe essere, in mostra, la presenza di due grandi dipinti e di tre sculture, queste ultime esposte nella parte mediana di una colonna. Elementi che oltre a confermare la coerenza dei pensieri di Angelo esprimono anche la sua naturale propensione a fondere scultura, pittura, fotografia, architettura. Una fusione solida e al tempo stesso eterea, evidente e a tratti nascosta, che rispecchia le sue meditazioni sull’essenza sommersa di tutte le cose.

Angela Sanna

MIRAGGI SOLIDI DI ANGELO BARONE

LO MAGNO ARTECONTEMPORANEA

OPENING 7 APRILE

 

La fotografia come evocazione e invito allosservazione, ad un lettura della realtà che vada oltre la superficie delle cose e si sforzi piuttosto di comprenderne lessenza: Miraggi Solidi è la chiave del lavoro dell’artista Angelo Barone, condensata in nove opere nella mostra curata da Angela Sanna che la galleria Lo Magno artecontemporanea di Modica ospiterà dal 7 aprile al 7 maggio 2023.

Di origine modicana e da molti anni docente presso lAccademia di Belle Arti di Brera, Angelo Barone è noto prevalentemente come scultore – le prime esposizioni, giovanissimo, con Achille Bonito Oliva e Lea Vergine, quindi il riconoscimento internazionale con personali in Svizzera, Germania e Stati Uniti e la presenza in prestigiose collezioni private, pubbliche e bancarie -, ma con questa mostra sceglie di rendere omaggio al suo primo grande amore, la fotografia, e di esprimere la sua naturale propensione a fonderla alla scultura stessa, così come alla pittura e all’architettura.

L’attenzione verso i luoghi, carattere distintivo della sua ricerca scultorea, permea infatti anche la produzione fotografica dellartista, intesa a evidenziare la portata simbolica, in termini di memoria, delle architetture. Nella concezione dellartista, lo spazio architettonico è infatti memoria consolidata, secolarizzata, in quanto spazio condiviso, vissuto nella socialità.

Le fotografie scelte per la mostra sono le più rappresentative di questo lavoro. È il caso della serie Luoghi endogeni”, in cui lo sguardo dellartista è rivolto al concetto dellautocostruzione, ovvero a quei luoghi (le favelas di San Paolo in Brasile per fare un esempio) che, autogenerandosi secondo regole proprie, propongono unaltra filosofia dellabitare. Nel passaggio dalla tridimensionalità alla bidimensionalità però la traccia fotografica rimane come pura evocazione del luogo, elaborata dal tocco dellartista attraverso la tecnica della vellutazione, che, occultando la visione diretta, invita ad andare a scavare sotto la superficie dellimmagine per assorbirne la realtà. La stessa tecnica, che è al tempo stesso racconto e celamento, la ritroviamo nelle opere dedicate alle casamatte, concetto caro all’artista che in queste architetture basilari e monolitiche, con la loro aderenza totale al principio di funzionalità, riconosce invece il senso di regole massime, rappresentazione concreta di una conoscenza e di una sapienza profonde. Ancora levocazione, o meglio la sottrazione, nella serie dedicata al mosso fotografico, rinnova l’invito a porre attenzione sulle forme, a percepirle oltre la superficie immediata: la perdita di definizione assume così una valenza positiva, costringendo lo sguardo a non fermarsi all’apparenza delle cose ma ancora una volta, nello sforzo di ricostruzione dellimmagine, a ritrovarne lessenza.

«È quasi una metafora della nostra facoltà di osservazione, sempre più inibita e corrotta dal flusso ininterrotto di stimoli visivi» conferma e chiarisce Angela Sanna nel suo testo critico: «Le potenzialità della fotografia, segnatamente questi passaggi dalla focalizzazione alla sfocatura, gli consentono di indagare questo aspetto della percezione per poi rendere limmagine pura superficie attraverso la vellutazione, come procedimento tecnico e poetico che contraddistingue e impreziosisce il lavoro di Angelo Barone».

Nella collezione in mostra anche tre sculture, in forma di colonne interrotte, in una linea di perfetta continuità ideale con questa riflessione sulle forme e lo spazio.

L’opening di “Miraggi solidi” è in programma il 7 aprile alle 19, quando saranno presentate anche 2 edizioni fotografiche di 15 esemplari ciascuna, prodotte per l’occasione.

La mostra, ad ingresso libero, resterà poi visitabile fino a domenica 7 maggio 2023, dal martedì al sabato, dalle ore 10 alle ore 13 e dalle ore 17 alle ore 20. Gli spazi espositivi di Lo Magno artecontemporanea sono in Via Risorgimento 91/93 a Modica.

Si ringrazia Antica Dolceria Bonajuto di Modica

 

LEGGI IL TESTO CRITICO

 

Ufficio Stampa

Concetta Bonini | Condire Digitale

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RE: ARTEFIERA

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Un breve revival dello stand proposto alla 46°edizione di ArteFiera Bologna

Dopo il grande successo della manifestazione tenutasi nei padiglioni 25 e 26 del quartiere fieristico di Bologna dal 3 al 5 febbraio 2023, Lo Magno artecontemporanea decide di riproporre il progetto stand nei propri spazi di via Risorgimento 91-93 a Modica.

Per chi non ha avuto la possibilità di godere di una passeggiata tra le vie di Arte Fiera Bologna, dal 18 marzo alle ore 19:00 fino al 1 aprile, Lo Magno artecontemporanea rimette a parete le opere dei quattro artisti presentati in occasione dell’evento.

Emanuele Giuffrida, Giovanni Iudice, Rossana Taormina e William Marc Zanghi, tutti siciliani, connessi dalla continua sperimentazione, dall’instancabile passione che li spinge per osmosi a imprigionare sempre più visioni, a catturare nuovi linguaggi, a generare nuova materia a contatto con nuova materia. Processo energico che la galleria ha sintetizzato con “By Surfacing”.

Leggi di più sul progetto: BY SURFACING

 

 

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Arte Fiera 2023 – 46° edizione

By Surfacing – Group Exhibition

Lo Magno artecontemporanea

Dal 3 al 5 Febbraio 2023 i padiglioni 25 e 26 del quartiere fieristico di Bologna si vestiranno d’arte per la 46°edizione della Fiera più longeva d’Italia: Arte Fiera Bologna.

 

L’ingresso costituzione, porta di accesso per eccellenza del quartiere, accoglierà visitatori da tutte le parti del mondo. Più di 150 le gallerie partecipanti con la cura e la direzione artistica di Simone Menegoi affiancato dal Managing Director Enea Righi.

Lo Magno artecontemporanea, già presente a Bologna dalla 44°edizione, prenderà posto quest’anno al booth A105 padiglione 25 con la collettiva “By Surfacing”

E’ il contatto con circostanze determinanti a provocare l’affioramento di nuova sostanza.

4 artisti scrivono su carta e su tela le loro emersioni come reazione all’attuale struttura dell’ambiente socioculturale Emanuele Giuffrida, Giovanni Iudice, Rossana Taormina, William Marc Zanghi instancabili sperimentatori, accomunati dalla stessa area geografica, la Sicilia, manifestano i segni della loro emancipazione artistica.

Grandi tele, sculture, reperti e trasformazioni: 4 artisti presentano i loro nuovi cicli di lavori. Ognuno di loro ha costruito il proprio spazio nel mondo dell’arte contemporanea in affinità ad un’esigenza interiore, una materia plastica che, a contatto con le contingenze dell’attuale contesto socioculturale, affiora e ci guida tra i dati culturali di una terra fertile, di grandi letterati e piccoli imprenditori, di gente onesta e sensazionalismo obliterante.

Orari di apertura al pubblico

giovedì 2 febbraio

dalle 10.30 Special Preview, VIP gold e stampa

dalle 12 Preview

dalle 17 alle 21 Vernissage

venerdì 3 febbraio

dalle 11 alle 12 riservato VIP

dalle 12 alle 20 apertura al pubblico

sabato 4 e domenica 5 febbraio

dalle 11 alle 20

 

 

GIUFFRIDA EMANUELE | ESSENTIAL

Nasce a Gela nel 1982. Vive e lavora a Palermo.

Dopo gli studi tecnici consegue il diploma di maturità presso il Liceo artistico D. Almeyda di Palermo e la laurea in Pittura presso l’Accademia delle Belle Arti. Nel frattempo segue con interesse, come proprio percorso formativo, l’opera di artisti come Velazquez, Manet e l’800 francese, e ancora Lopez Garcia, Hopper, Lorca di Corcia sino alle correnti più attuali come la scuola di Lipsia. Esplora realtà prosaiche, fatte di luoghi spogli e disadorni come sale da biliardo abbandonate, bagni pubblici, interni di pompe funebri, corsie d’ospedale o spazi d’attraversamento rischiarati dalla fredda luce di lampade al neon. In questa sorta di disagio esistenziale, che forse allude alla transitorietà della condizione umana, compaiono solo rare, solitarie figure.

Il nuovo progetto “Albums” trae spunto da vecchie fotografie di famiglia ritrovate nel 2010. Giacevano all’interno di uno zainetto di tela della Sisley che trovai durante un trasloco dovuto alla scomparsa di mio nonno materno. Custodite gelosamente negli anni, ho contemplato queste immagini studiandole periodicamente e metabolizzandone l’estetica intrinseca correlata al deterioramento delle stesse ed elaborandone i possibili sviluppi pittorici.

Con Lo Magno artecontemporanea partecipa allla 44° edizione di Arte Fiera Bologna 2020, con “White Sheet” a cura da Rischa Paterlini e Giuseppe Lo Magno

 

GIOVANNI IUDICE | ESSENTIAL

Nasce a Gela nel 1970, dove vive e lavora.

La sua è una pittura mossa da un’emozionalità ambigua, sempre in bilico tra piacere e sofferenza, tra bellezza e orrore, tra particolare e universale. È un artista figurativo che affronta spesso tematiche sociali senza mai cadere nei tranelli del vojeurismo fine a sé stesso e della retorica. Propone un linguaggio dove disegno e pittura si alternano sulla superficie della tela. Opere in cui

la rappresentazione dell’esistente viene tradotta in una scala di valori intimi e al contempo universali. Mappa con ostinata fedeltà fatti e luoghi nel tentativo di evocare qualcosa che va oltre la semplice illustrazione del soggetto. Le sue composizioni, costruite grazie all’accostamento di differenti fotogrammi, propongono punti di vista diversi che nel loro insieme definiscono una prospettiva improbabile e illusoria, e mostrano uno spazio spesso scomodamente saturo. Le intenzioni di Iudice sono tanto astratte al punto di divenire linguaggio di puro sentimento, dove il racconto diviene più enigmatico e la pittura rimane crisalide di un’emozione, mai svelata pienamente, ma capace di evocare valori umani che accendono la poesia.

I suoi mari, la sua terra, le sue esigenze di esportazione concettuale si fanno adesso più essenziali e si declinano in opere dove ritorna la sonorità di un disegno figurativo, realista. “La realtà, come si sa, è anche una ragione astratta, poetica”- spiega l’artista- “inseguo le mie idee, mi sono occupato molto del sociale, nei cicli di lavoro degli ultimi 30 anni il comune denominatore è stato l’esistenza, la questione della vita vissuta soprattutto nel mio territorio, la Sicilia”

 

WILLIAM MARC ZANGHI | ESSENTIAL

L’artista nato a Wikita (Kansas) nel 1972, ma palermitano da sempre, esprime se stesso con uno stile unico e riconoscibile.

Studia Pittura presso l’accademia di Belle Arti di Palermo dove ne consegue la Laurea.

Di lui parlano le sue opere: Figure esili che popolano paesaggi onirici stravolti da quel colore eversivo, che rende tutto più artificioso: chimico. Infatti nelle sue opere l’uso di colori industriali sostituisce la classica pittura a olio o ad acrilico. L’artista adopera unicamente vernici. Tecnica che conferisce alle sue opere quella caratteristica patina lucente di cui si avvantaggia anche la figurazione, resa decisamente adamantina, pura.
Sono le stesse colature di colori a dare origine a fiumi, paludi e acquitrini che costellano le “visioni” dell’artista. Tracce del suo passaggio si trovano sia in Italia che all’estero, luoghi pubblici e musei, con mostre personali, collettive e fiere di settore. Segnaliamo la partecipazione alla 54° Esposizione Internazionale d’Arte, Padiglione Italia sezione Accademie, a cura di Vittorio Sgarbi – Biennale di Venezia. Oggi vive e lavora a Palermo

L’artista parla di un “cortocircuito di immagini su un territorio” quest’estetica che è la principale risorsa dell’artista, si destruttura adesso nel ciclo MAP. Perimetri e cristallizzazioni ci riportano alle formazioni terrestri. Un’esplorazione che totalmente si distacca dalle logiche della pittura figurativa.

 

ROSSANA TAORMINA | ESSENTIAL

Rossana Taormina nasce nel 1972 a Partanna, un piccolo paese della Valle del Belice, qui, nel paesaggio devastato dal terremoto del 1968, trascorre la sua infanzia.

In quegli anni il fermento artistico e culturale della vicina Gibellina segnerà profondamente la sua formazione. Dopo la maturità classica si trasferisce a Roma per lavoro. Rientrata a

Palermo consegue un secondo diploma di maturità e, infine, si diploma presso l’Accademia di Belle Arti.

Nel suo lavoro Rossana Taormina indaga lo spazio e la memoria attraverso la rielaborazione delle tracce mnestiche dell’object trouvé. Immagini piene di memoria e tempo, rovinate, sulle quali l’artista ricama costellazioni di nylon, seta o cotone, creando nuovi spazi e riportando alla vita volti, luoghi e tempi di cui oggi non rimane alcuna traccia.

Un po’ come nell’ultimo dei Quattro Quartetti di T.E. Eliot, “Little Giding” << Ciò che diciamo principio spesso è la fine, e finire è cominciare. La fine è là onde partiamo >>, le opere di Rossana partono proprio dalla fine, si intrecciano con la circolarità eterna delle stagioni, della vita e della morte. Oggi vive e lavora a Palermo

Così come la natura si riappropria dei luoghi devastati dall’azione dell’uomo – ci racconta Rossana- allo stesso modo la memoria e il ricordo fioriscono sulla caducità della vita e sulla fragilità della materia.

La visione si allarga sempre di più, la materia si intreccia ed i fili scorrono intessendo storie e connessioni oltre questa dimensione. Ogni oggetto sembra aver recuperato un luogo in cui potersi esprimere. Per l’artista la libertà di sperimentazione e l’unicità del momento creativo risultano formule essenziali che, in questo nuovo ciclo si manifestano in una ricerca di materiali e tecniche insistente, ossessiva, probabilmente derivante dall’ abitudine, della gente della Valle del Belice, nel riporre estrema cura e custodire ogni singolo reperto, rimasto in vita dopo il terremoto.

Partecipa alla 45° edizione di Arte Fiera Bologna con un solo show “Tempo Incolume” stand Lo Magno artecontemporanea 2022

 

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30 x 30 GROUP SHOW EXHIBITION

30 ANNI DI STORIA DI LO MAGNO ARTECONTEMPORANEA:

 

 

DAL 30 DICEMBRE AL 30 GENNAIO

 

30 opere di 30 artisti diversi per celebrare i 30 anni di storia della galleria Lo Magno artecontemporanea: sarà inaugurata il 30 dicembre alle 19 la mostra 30×30, una collettiva nata per ripercorrere il lungo percorso nel segno dell’arte che in questi tre decenni ha visto coinvolti i più talentosi e autorevoli artisti contemporanei siciliani.

Dal 30 dicembre al 30 gennaio si ritroveranno tutti, idealmente, sulle pareti degli spazi espositivi di Lo Magno a Modica, ognuno con un proprio omaggio a questa grande storia condivisa, racchiuso in un’opera di 30×30 cm realizzata per l’occasione.

Attraverso la fotografia, la pittura, il collage e il disegno, 30 voci di 30 artisti diversi – tra cui Piero Guccione, con un omaggio della Galleria stessa – sintetizzeranno la stratificazione strutturale di Lo Magno artecontemporanea nei suoi trent’anni di attività: Rosario Antoci, Umberto Agnello, Francesco Balsamo, Orazio Battaglia, Alessandro Bazan, Giuseppe Bombaci, Giusi Bonomo, Giovanni Blanco, Sandro Bracchitta, Davide Bramante, Marco Bunetto, Melissa Carnemolla, Daniele Cascone, Andrea Cerruto, Giuseppe Colombo, Ignazio Cusimano Schifano, Fulvio Di Piazza, Emanuele Giuffrida, Piero Guccione, Giovanni Iudice, Giovanni La Cognata, Francesco Lauretta, Giuseppe Leone, Fortunato Pepe, Giovanni Robustelli, Sofia Storniolo, Rossana Taormina, Samantha Torrisi, Giovanni Viola, William Marc Zanghi.

«Colori, immagini, emozioni, intenzioni rappresenteranno l’evoluzione di un’attività nata nel 1992 come piccolo laboratorio artigianale di corniceria ed arrivata ad oggi con larghe prospettive», spiegano Giuseppe Lo Magno e Valeria D’Amico, curatori della mostra: «Con questa collettiva mettiamo a parete i nuclei fondamentali della vita artistica della galleria. Il 30 è un numero che diventa emblema di una storia, un segno convenzionale che ci permette di scandire il tempo dietro di noi».

L’opening del 30 dicembre sarà accompagnato dall’analisi del prof. Salvatore Schembari sul numero 3 e i suoi multipli: « Trenta nella cabala è come il Tre, la perfezione!», anticipa Schembari, autore anche del testo critico: «Trent’anni sono trascorsi, trent’anni d’arte, di umanità, trent’anni di abnegazione per la nuova figurazione dei fratelli Lo Magno. Un trentennio di visioni dell’arte contemporanea, un arco temporale vissuto dalla galleria Lo Magno artecontemporanea forse come possibile via del ‘risorgimento’ di un certo luogo, di una certa città “sorda” e periferica. In questo evento si intrecciano perfette combinazioni per una galleria che segue un proprio dardo sfrecciare in direzione di un cielo azzurro, del firmamento di Piero Guccione».

Dopo l’opening del 30 dicembre, la mostra resterà visitabile fino al 30 gennaio, con ingresso gratuito (martedì – sabato ore 10-13 e 17-20). Gli spazi espositivi di Lo Magno artecontemporanea sono in Via Risorgimento 91/93 a Modica.

 

Ufficio Stampa

Concetta Bonini | Condire Digitale

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Finissage Unda Mater | Sandro Bracchitta

  ph. Carlo Giunta
 

MOSTRE: prorogata fino al 10 dicembre a Modica “Unda Mater” di Sandro Bracchitta

Per il finissage la presentazione del catalogo e una raffinatissima calcografia ispirata al progetto

Il critico Ivan Quaroni sull’uso delle “emergency blanket”: “Non scelta formale, le coperte di emergenza sono adesso nell’immaginario contemporaneo”

 

MODICA (Rg), 19 novembre 2022 – Prorogata fino al 10 dicembre, a Modica, la mostra “Unda Mater” di Sandro Bracchitta allestita dal 1 ottobre scorso negli spazi di Lo Magno artecontemporanea a cura di Giuseppe Lo Magno e Niccolò Nisivoccia.

In occasione del finissage sarà presentato il catalogo con il testo del critico d’arte Ivan Quaroni che, a proposito della poetica di Bracchitta, si sofferma sull’uso delle coperte isotermiche per le sue opere pittoriche e nella grande installazione plastica che domina lo spazio centrale della galleria. “Non risponde a una scelta meramente formale – scrive Quaroni -. Infatti, questo materiale, progettato nel 1969 dalla NASA per i veicoli spaziali, è oggi comunemente usato per la produzione di coperte isotermiche, usate in campo medicale per prevenire i casi di ipotermia. Le vediamo spesso addosso alle vittime di incidenti stradali e, più spesso, sulle spalle dei migranti che approdano esausti sulle nostre coste. Sono chiamate internazionalmente emergency blanket (coperte d’emergenza) e sono diventate un materiale ricorrente nelle attuali produzioni artistiche. Basti dare uno sguardo all’installazione Heaven and Hell Simultaneously (2016) di Mircea Cantor, alle Welsh Emergency Blankets (2018) di Daniel Trivedy, alla serie di fotografie intitolate Wind Sculptures (2015) di Giuseppe Lo Schiavo, alla scultura Bow Human (2010) di Pamela Rosenkrantz o alla gigantesca installazione The Blanket (2018) di Alexander Shtanuk, composta da tremila moduli di polietilene tereftalato e presentata al “Burning Man”, il celebre festival dedicato alle creazioni effimere che si tiene ogni anno nel deserto del Nevada, per capire che le coperte isotermiche sono entrate ormai di diritto nell’immaginario contemporaneo”. Completa la mostra la calcografia “Unda Mater” realizzata in occasione della personale e riprodotta in 30 esemplari.

Visite dal martedì al sabato, orari 10-13 e 17-20. Ingresso libero.

LA MOSTRA, notizie

Una barca primordiale nella notte buia del Mediterraneo affidata all’onda madre, il movimento naturale del mare che, insieme al vento, ha guidato da millenni l’Uomo nel viaggio verso l’ignoto: terre sconosciute, nuovi popoli, culture “altre”, spesso anche approdi di pace. È un guscio di lamiera dall’anima sfavillante – ed eloquente – dell’oro di una coperta termica l’installazione di Sandro Bracchitta che introduce la mostra “Unda Mater” allestita a Modica,

Dieci tele e una barca per parlare di viaggio, mare, abissi silenziosi e derive assolate, fughe e approdi, disperazione e salvezza. Rigenerazione. Non dondolii di culla ma equilibri in perenne movimento, smarrimenti contemporanei. “Difficile resistere alla tentazione di leggere nelle opere di Bracchitta – scrive il curatore Nisivoccia – il senso più drammatico della contemporaneità. Come non riconoscere, nei segni che attraversano quel blu, il movimento delle onde, delle correnti? Nelle sue macchie di rosso, la traccia di una ferita che ogni giorno si rinnova, ma anche la metafora di una speranza che non cessa di essere coltivata? Nei suoi ori, la metafora ulteriore di un altrove da immaginare, e da inventare? Nei suoi cuori sospesi la rappresentazione del viaggio e dell’esilio – intesi come vite in bilico, provvisorie, precarie, prive di terra sotto i piedi”.

A raccontare il suo viaggio fra i segni e i colori è lo stesso autore, Sandro Bracchitta – pittore, incisore e docente dell’Accademia di Belle Arti di Catania – che spiega: “Ho immaginato gusci scheletrici, consumati dalla potenza del mare, corrosi dalla furia dell’acqua e dal sole, dalla brutalità umana, paradigmatica manifestazione della natura fragile e impermanente della nostra esistenza e delle cose. Che sia un viaggio reale o metaforico, la barca-guscio è emblema del viaggio e del superamento di un limite attraverso profondissimi blu che separano due sponde tra vita e morte. E viceversa. Onda Madre, espressione primordiale della forza creatrice e al contempo distruttiva della Natura, che ci inabissa oppure ci spinge a riva, verso la salvezza”.

Affascinato dall’inarrestabile flusso creativo di Bracchitta è il co-curatore, Giuseppe Lo Magno, che scrive: “Sandro non si è mai fermato, nonostante i momenti difficili che hanno sconvolto i giorni di tutti noi, soprattutto nell’ultimo periodo. Lui, in maniera rigorosa e disciplinata, invece continua. E si evolve. Lo vedremo con Unda Mater, nuovo ciclo di lavori assai innovativo sia nei contenuti che nei materiali”.

       

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Sandro Bracchitta – Unda Mater

Dieci tele e un’installazione per raccontare il viaggio verso l’ignoto. Diventa oro l’abbraccio delle coperte termiche

Opera corale. Fino al 19 novembre da Lo Magno

 

MODICA (Rg), 28 settembre 2022 – Una barca primordiale nella notte buia del Mediterraneo affidata all’onda madre, il movimento naturale del mare che, insieme al vento, ha guidato da millenni l’Uomo nel viaggio verso l’ignoto: terre sconosciute, nuovi popoli, culture “altre”, spesso anche approdi di pace. È un guscio di lamiera dall’anima sfavillante – ed eloquente – dell’oro di una coperta termica l’installazione di Sandro Bracchitta che introduce la mostra “Unda Mater” allestita a Modica, negli spazi di Lo Magno artecontmeporanea dal 1 ottobre al 19 novembre 2022, a cura di Giuseppe Lo Magno e Niccolò Nisivoccia.
Dieci tele e una barca per parlare di viaggio, mare, abissi silenziosi e derive assolate, fughe e approdi, disperazione e salvezza. Rigenerazione. Non dondolii di culla ma equilibri in perenne movimento, smarrimenti contemporanei. “Difficile resistere alla tentazione di leggere nelle opere di Bracchitta – scrive il curatore Nisivoccia – il senso più drammatico della contemporaneità. Come non riconoscere, nei segni che attraversano quel blu, il movimento delle onde, delle correnti? Nelle sue macchie di rosso, la traccia di una ferita che ogni giorno si rinnova, ma anche la metafora di una speranza che non cessa di essere coltivata? Nei suoi ori, la metafora ulteriore di un altrove da immaginare, e da inventare? Nei suoi cuori sospesi la rappresentazione del viaggio e dell’esilio – intesi come vite in bilico, provvisorie, precarie, prive di terra sotto i piedi”.
A raccontare il suo viaggio fra i segni e i colori è lo stesso autore, Sandro Bracchitta – pittore, incisore e docente all’Accademia di Belle Arti di Catania – che spiega: “Gusci scheletrici, consumati dalla potenza del mare, corrosi dalla furia dell’acqua e dal sole, dalla brutalità umana, paradigmatica manifestazione della natura fragile e impermanente della nostra esistenza e delle cose. Che sia un viaggio reale o metaforico, la barca-guscio è emblema del viaggio e del superamento di un limite attraverso profondissimi blu che separano due sponde tra vita e morte. E viceversa. Onda Madre, espressione primordiale della forza creatrice e al contempo distruttiva della Natura, che ci inabissa oppure ci spinge a riva, verso la salvezza”.
Affascinato dall’inarrestabile flusso creativo di Bracchitta è il co-curatore, Giuseppe Lo Magno, che scrive: “Sandro non si è mai fermato, nonostante i momenti difficili che hanno sconvolto i giorni di tutti noi, soprattutto nell’ultimo periodo. Lui, in maniera rigorosa e disciplinata, invece continua. E si evolve. Lo vedremo con Unda Mater, nuovo ciclo di lavori assai innovativo sia nei contenuti che nei materiali”.
Concepita come un’opera corale, “Unda Mater” di Sandro Bracchitta sarà letta nel suo insieme dal critico d’arte Ivan Quaroni autore di un saggio nel catalogo che sarà presentato in occasione del finissage. Visite dal martedì al sabato, orari 10-13 e 17-20. Ingresso libero.

 

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Giuseppe Leone

 

 

 

Vive e lavora nella città natale. Ha iniziato a fotografare negli anni Cinquanta dedicandosi all’immagine della Sicilia. È interprete fantasioso e creativo di tutti gli aspetti della vita delle città siciliane. Oltre all’inesauribile patrimonio artistico e paesaggistico dell’isola si dedica a temi di costume e antropologici; nelle sue riprese si trovano il senso antico del Mediterraneo, ma anche le trasformazioni nella modernità. Molti scrittori siciliani – Bufalino, Sciascia, Consolo, Camilleri e ultimamente Mormorio e Nigro – hanno trovato nella sua fotografia sempre attenta, spesso ironica e guidata da un acuto senso dell’umorismo, la migliore illustrazione per le loro parole. Sono nati così numerosi volumi che indagano la vita siciliana dal barocco alle feste popolari. Ha esordito illustrando il volume di Antonino Uccello La civiltà del legno in Sicilia (Cavallotto, 1973). Da allora le sue fotografie hanno arricchito numerosi libri, cataloghi e riviste di editori italiani e stranieri. Tra le pubblicazioni più note: La Pietra vissuta con testi di Mario Giorgianni e Rosario Assunto (Sellerio, 1978); La Contea di Modica con testo di Leonardo Sciascia (Electa, 1983); L’Isola nuda con testo di Gesualdo Bufalino ( Bompiani, 1988); Il Barocco in Sicilia con testo di Vincenzo Consolo (Bompiani, 1991); Sicilia Teatro del mondo con testo di Vincenzo Consolo e Cesare De Seta (Nuova Eri, 1990); L’isola dei Siciliani con testo di Diego Mormorio (Peliti associati, 1995); Immaginario barocco con testi di Salvatore Silvano Nigro e André Chastel (Kalós, 2006); Un viaggio lungo mezzo secolo con testo di Antonino Buttitta (Kalós, 2008) Sicilia, L’isola del pensiero (Edizione Postcart 2015) ); Storia di un’amicizia (Edizione Postcart 2015), Sicilia un paese in posa (Plumelia Edizioni 2018); Pausa Pranzo (Plumelia Edizioni 2022). Oltre alle nuemrose mostre in Italia (Milano, Palermo, Roma) all’estero si organizzano sue personali a Madrid, New York e Stoccolma.

Giovanni Viola – Pastels de l’ame sicilienne

GIOVANNI VIOLA

Pastels de l’ame sicilienne

Galerie Eric Coatalem – Lo Magno artecontemporanea

14 – 26 settembre 2022

Colori, paesaggi e segni della nostra isola: L’accuratezza analitica dell’artista modicano

Giovanni Viola incontra Parigi.

 

Sarà ” Pastels de l’ame sicilienne” il titolo della mostra personale di Giovanni Viola che si terrà dal 14 al 26 settembre 2022 presso la Galerie Eric Coatalem di Parigi.

E’ Eric Coatalem, direttore artistico dell’omonima galleria sita al 136 di rue du Fauborg Saint-Honorè (Paris), in collaborazione con Lo Magno artecontemporanea, a decidere di inaugurare la mostra monografica durante la famosa notturna lungo la sponda destra del fiume Senna “La Nocturne Rive Droite”. Giornata in cui tutte le gallerie della città di Parigi situate sulla riva nord della Senna prolungano il loro orario di apertura accogliendo visitatori da tutto il mondo.

 

La rencontre de Giovanni Viola

La rencontre de Giovanni Viola dans son univers à Modica, grâce à Guiseppe Lo Magno a été une expérience émouvante et passionnante.

Né en 1981 à Modica, Giovanni Viola, diplômé en droit de l’université de Messine, s’est depuis son plus jeune âge formé par l’étude des plus grands peintres italiens.
Il fait partie de la fameuse Ecole de Scicli qui ,de l’avis de Marc Fumaroli tout comme de Federico Sgarbi ,compte parmi les plus grands maîtres de la peinture contemporaine en Italie.
Artiste solitaire et imprégné de spiritualité, ce qui distingue Giovanni Viola est l’âme si particulière qu’il met pour peindre avec une infinie rigueur, précision et grande sensibilité sa terre natale du val de Noto, dont il connait si bien les trésors naturels encore préservés.
Avec ses innombrables bâtons de pastel, il réussit à transcrire cette terre enchanteresse, ces paysages sauvages bordés de murets de pierres sèches délimitant les parcelles de terre peuplées de majestueux caroubiers, oliviers et figuiers de barbarie.
Maitre dans l’art de la perspective, il dessine ces immenses étendues verdoyantes où l’on aperçoit parfois au premier plan les témoignages d’urbanisme de la nouvelle civilisation. S’ajoutent à ses thèmes de prédilection les réserves marines au lointains horizons et les grands cieux où la lumière intense et exceptionnelle est saisissante.

Giovanni Viola participe à de nombreuses Foires internationales  tout en bénéficiant d’expositions collectives et personnelles en Italie.

La Galerie Coatalem est heureuse de l’inviter à une première exposition parisienne.

 

L’incontro con Giovanni Viola

Incontrare Giovanni Viola nel suo mondo a Modica, grazie a Giuseppe Lo Magno, è stata un’esperienza commovente ed emozionante.

Nato nel 1981 a Modica, Giovanni Viola, laureato in giurisprudenza all’Università degli studi di Messina, si è formato fin da giovane studiando i più grandi pittori italiani.
Fa parte della famosa Scuola di Scicli che, secondo Marc Fumaroli oltre a Federico Sgarbi, è uno dei più grandi maestri della pittura contemporanea in Italia.
Artista solitario intriso di spiritualità, ciò che contraddistingue Giovanni Viola è l’anima particolare che mette nella pittura con infinito rigore, precisione e grande sensibilità la sua terra natale del Val di Noto, di cui conosce ancora così bene i tesori naturali.
Con i suoi pastelli riesce a trascrivere questa terra incantevole, questi paesaggi selvaggi confinati da muretti a secco che delimitano gli appezzamenti popolati da maestosi carrubi, ulivi e fichi d’India.
Maestro nell’arte della prospettiva, disegna queste immense distese verdi dove a volte vediamo in primo piano le testimonianze dell’urbanistica della nuova civiltà. Ai suoi temi preferiti si aggiungono le marine con orizzonti lontani e i grandi cieli dove colpisce la luce intensa ed eccezionale.

Giovanni Viola partecipa a molte fiere internazionali, mostre collettive e personali in Italia.

La Galleria Coatalem è felice di invitarlo a una prima mostra parigina.

Ombéline D’Arché

 

A che punto siamo con Giovanni Viola

Non sono mai riuscito a considerare Giovanni Viola un paesaggista. Certo è nato a Modica che da Scicli dista meno di dieci chilometri; altrettanto vero è che il mare appare di frequente dei suoi dipinti affrontato in verticale, esattamente come faceva Piero Guccione considerato nel sud-est siciliano un “maestro” indiscusso di questo tipo di pittura.

Esattamente come Guccione, GV è un virtuoso tanto della stesura ad olio che del pastello: quest’ultimo in particolare utilizzato con una maestria che lascia stupiti non solo per le morbidezze ma pure per la brillantezza dei colori ottenuti. E’ una tecnica da molti ritenuta difficile, ma curiosamente GV l’ha adottata come un’opportunità per esecuzioni più “veloci”. Olio e pastello sono tecniche di nobile tradizione che pure – a partire dalla seconda metà del secolo scorso – sono divenute sospette alla più spocchiosa critica contemporanea.

Per queste caratteristiche l’opera di GV è stata talvolta accostata a quella del gruppo dei pittori della Scuola di Scicli di cui Guccione è stato uno dei maggiori esponenti. Tuttavia le etichette sono spesso fuorvianti: e in fondo niente – nemmeno a Modica o a Scicli – da allora è rimasto immobile.
In ogni caso il soggetto della ricerca di GV non è il paesaggio, ma la luce che lo inonda. E nemmeno si tratta di una luce metafisica: perché quella che GV blocca sulla tela è una luce catturata all’istante. Che provenga dal cielo o dalle nuvole, sia assorbita dalla terra riarsa o riflessa dalla superficie marina in fondo poco importa.

I “paesaggi” di GV sono tutto sommato ”incidentali”: nascono in gran parte dal territorio che lo circonda, ma possono divenire (è più raro) addirittura urbani. La ricerca della luce quella invece resta sempre al centro. Quella che vede ad esempio dalla finestra al quinto piano del suo studio di Modica: da qui nelle giornate più limpide appare il profilo dell’isola di Malta, mentre in quelle (sempre più frequenti) di forsennata calura estiva il cielo è di un azzurro polveroso, schermato dalla sabbia rossa che le alte pressioni sollevano dal deserto africano per trasportarla sulle coste siciliane.

C’è dell’altro nella pittura di GV che la allontana dal paesaggismo. Perché un paesaggista per sua natura descrive al più trasfigura: GV – al contrario -analizza. Giunto arrivato alla pittura per vocazione no ha mai rinnegato i suoi studi di giurisprudenza, quelli che ancora oggi ne condizionano lo sguardo. GV rappresenta attraverso un’ analisi minuziosa dei più piccoli particolari (spesso davvero rivelatori) ma sempre e comunque con lo stesso scopo: fissare sulla tela una particolare luce.

Che si tratti di un singolo oggetto (cosa assai rara), di un paesaggio o di un’idea, l’approccio è identico.

Ma si può analizzare e poi descrivere un’idea attraverso la pittura di un “paesaggio”? Di certo il pensiero analitico è più congeniale alla scrittura filosofica (e qui entra in ballo la sua passione per gli studi di teologia) piuttosto che alla dinamica per secoli attribuita alle arti visive.

L’arte contemporanea a partire dallo scorso secolo si è necessariamente avvicinata alla filosofia come mai accaduto in precedenza e GV – lo ripeto – è un pittore decisamente contemporaneo. Nonostante le tecniche adottate e i soggetti che appaiono sulle sue tele rischino di accomunarlo alla tradizione del moderno, quando non addirittura del classico, GV è un pittore-filosofo che reagisce in questo modo singolare alla meditazione su quel che lo circonda

 

Où en sommes-nous avec Giovanni Viola

Je n’ai jamais pu considérer GV comme un peintre paysagiste. Bien sûr, il est né à Modica qui se situe à moins de dix kilomètres de Scicli ; il est aussi vrai que la mer apparaît fréquemment dans ses tableaux face à la verticale, tout comme Piero Guccione, qui est considéré “maître” incontesté de ce type de peinture dans le sud-est sicilien.
Tout comme Guccione, GV est également un virtuose de la touche de couleur aussi bien à l’huile qu’au pastel : ce dernier en particulier utilisé avec une habileté qui laisse émerveiller non seulement par la douceur mais aussi par la brillance des couleurs obtenues. C’est une technique considérée comme difficile par plusieurs, mais curieusement GV l’a adoptée comme une opportunité pour des exécutions “plus rapides”. L’huile et le pastel sont des techniques de noble tradition qui elles aussi – à partir de la seconde moitié du siècle dernier – sont devenues suspectes à la critique contemporaine la plus hautaine. C’est pour ces caractéristiques que l’œuvre de GV a parfois été comparée à celle du groupe de peintres de l’école de Scicli dont Guccione était l’un des principaux représentants. Pourtant, les étiquettes sont souvent trompeuses : et au fond rien – même pas à Modica ou Scicli – n’est resté immobile depuis lors. En tout cas, le sujet de recherche de GV n’est pas le paysage, mais la lumière qui l’inonde. Ce n’est pas non plus une lumière métaphysique : car ce que GV bloque sur la toile est une lumière captée instantanément. Qu’elle vienne du ciel ou des nuages, qu’elle soit absorbée par la terre desséchée ou réfléchie par la surface de la mer au fond, peu importe.
Les « paysages » de GV sont en fin des comptes « accessoires » : ils proviennent en grande partie des environs, mais ils peuvent devenir (plus rarement) même urbains. La recherche de la lumière, en revanche, reste toujours au centre. Celle qu’il voit, par exemple, depuis la fenêtre du cinquième étage de son atelier de Modica : d’ici, les jours les plus clairs, apparaît le profil de l’île de Malte, tandis que dans ceux (de plus en plus fréquents) de chaleur estivale effrénée, le ciel d’un poussiéreux bleu est protégé par le sable rouge que les hautes pressions soulèvent du désert africain pour le transporter jusqu’aux côtes siciliennes. Il y a autre chose dans la peinture de GV qui l’éloigne du paysage. Car un paysagiste de par sa nature décrit tout au plus transfigure : GV – au contraire – analyse. Arrivé à la peinture par vocation, il n’a jamais renoncé à ses études de droit, celles qui marquent encore aujourd’hui son regard. GV représente à travers une analyse minutieuse des moindres détails (souvent vraiment révélateurs) mais toujours et en tout cas avec le même objectif : fixer une lumière particulière sur la toile. Qu’il s’agisse d’un objet unique (ce qui est très rare), d’un paysage ou d’une idée, la démarche est identique. Mais peut-on analyser puis décrire une idée à travers la peinture d’un « paysage » ? Certes, la pensée analytique est plus favorable à l’écriture philosophique (et ici sa passion pour les études théologiques entre en jeu) qu’à la dynamique attribuée aux arts visuels depuis des siècles. L’art contemporain depuis le siècle dernier s’est forcément approché de la philosophie comme jamais auparavant et GV – je le répète – est un peintre résolument contemporain. Bien que les techniques adoptées et les sujets qui apparaissent sur ses toiles risquent de l’associer à la tradition du moderne, voire du classique, GV est un peintre-philosophe qui réagit de cette manière singulière à la méditation sur ce qui l’entoure.

Aldo Premoli